In Yemen ogni 2 giorni un bambino è ferito da ordigni esplosivi

Il rapporto di Save the Children “A ogni passo un rischio”. Tra gli effetti più devastanti, l’amputazione di braccia e gambe, la perdita di vista o udito e disabilità permanenti

Dopo 8 anni di conflitto, sono i bambini a pagare il prezzo più pesante della guerra in Yemen, dove nel corso del 2022 in media ogni due giorni un bimbo è stato ucciso o ferito da mine o altri ordigni esplosivi. È il numero più alto degli ultimi cinque anni. A rivelarlo è il rapporto “Ad ogni passo un rischio” (Watching our every step), diffuso oggi, 23 marzo, da Save the Children, che prende in considerazione il periodo che va da gennaio 2018 a novembre 2022.

Il pericolo, per i più piccoli, sono gli ordigni inesplosi come proiettili d’artiglieria, granate, mortai, razzi e bombe. Tanto che, viene mostrato nel rapporto, mentre il numero di bambini vittime di violenza armata causata da attacchi aerei, bombardamenti o fuoco incrociato è complessivamente diminuito dal 2018, i bambini feriti da ordigni esplosivi sono aumentati: da una media di uno ogni cinque giorni nel 2018 a uno ogni due nel 2022, a causa del protrarsi del conflitto che in otto anni ha disseminato il Paese di mine e ordigni inesplosi. In termini numerici, nel 2022 si sono registrate 199 vittime infantili causate da mine o ordigni inesplosi (pari al 55% delle vittime infantili complessive), a fronte delle 68 del 2018. Ancora, la percentuale di feriti e morti tra i bambini causati da ordigni esplosivi è aumentata durante i sei mesi di tregua mediati dalle Nazioni Unite l’anno scorso, quando le famiglie sono potute tornata a casa nei territori che erano stati campi di battaglia.

I piccoli, insomma, rischiano di imbattersi in mine e residuati bellici esplosivi mentre giocano, raccolgono la legna da ardere e l’acqua o si occupano del bestiame perché non hanno l’esperienza necessaria per identificarli o evitarli. Secondo l’analisi di Save the Children, quasi la metà di questi incidenti che hanno coinvolto bambini sono stati mortali. «Se dovessi raffigurare la guerra, disegnerei mani amputate, occhi feriti, persone che camminano con le stampelle», racconta Maha – un nome di fantasia, per proteggere una storia e un dolore reali -, 10 anni, di Taiz. Nell’ottobre scorso ha calpestato una mina mentre raccoglieva la legna da ardere insieme a sua sorella. Portata d’urgenza in ospedale per un intervento chirurgico, ha perso l’occhio sinistro e le è stata amputata la mano destra. Sua sorella, 16 anni, è stata ricoperta di schegge e ha subito gravi ferite a entrambe le gambe.

«Mentre il Paese entra nel suo nono anno di conflitto, questo rapporto ci ricorda l’impatto devastante che la guerra sta avendo sui bambini, la parte più vulnerabile della popolazione – commenta Ashfaq Ahmad, vicedirettore di Save the Children in Yemen -. Il fatto che sempre più bambini vengano uccisi e feriti dalle mine e da altri residuati bellici esplosivi è un’accusa schiacciante nei confronti delle parti in conflitto che continuano a usare queste armi». Lo dimostra la storia: decenni di ripetuti conflitti armati, a partire dai primi anni Sessanta, hanno lasciato in Yemen una devastante eredità di ordigni esplosivi, che rappresentano una minaccia continua per la sicurezza delle bambine e dei bambini, soprattutto nelle aree rurali. «Con il sistema sanitario sull’orlo del collasso e la poca disponibilità di specialisti qualificati per la riabilitazione, i bambini feriti non hanno accesso alle cure a lungo termine necessarie per recuperare la mobilità, tornare a scuola e reintegrarsi nella vita della comunità», denunciano dall’organizzazione.

I più esposti al rischio di ferite da mine e ordigni esplosivi sono i bambini che vivono nei campi di sfollati. Il motivo: la mancanza di educazione al rischio e il fatto che si trovano in aree ad alta probabilità di inondazioni. Dei 194 bambini vittime di mine e altri ordigni esplosivi che Save the Children ha sostenuto tra il 2020 e il 2022, quasi uno su quattro era sfollato. Jihad, volontario dell’organizzazione a Taiz, qualche anno fa ha calpestato una mina terrestre; ora ha una protesi alla gamba e mette a disposizione la sua esperienza per aiutare a rassicurare bambine e bambini come Maha e sua sorella e far sì che possano tornare a vivere senza rinunciare ai loro obiettivi. «Le abbiamo iscritte al nostro programma di sostegno psicosociale – racconta -. Nelle settimane successive all’incidente, mi sono assicurato che la loro famiglia fosse pienamente consapevole delle difficoltà fisiche, emotive e psicologiche che le ragazze avrebbero dovuto affrontare e ho dato loro dei consigli. Il mio lavoro insieme a Save the Children consiste nell’aiutare bambini come loro a superare queste sfide e a ritrovare la fiducia in loro stessi».

Amputazione degli arti superiori o inferiori e delle mani, perdita della vista o dell’udito: queste le lesioni più comuni subite dai bambini sostenuti dall’organizzazione. In alcuni casi, gli incidenti hanno causato disabilità permanenti a causa di schegge e lesioni alla colonna vertebrale. Oltre alle lesioni fisiche, poi, le bambine e i bambini devono affrontare anche le conseguenze psicologiche dei danni subiti, tra cui la difficoltà a dormire, paura e ansia. Per proteggere i bambini da queste armi mortali, Save the Children chiede a tutte le parti in conflitto di intervenire immediatamente, cessando l’uso delle mine, bonificando le aree minate e sensibilizzando le comunità sui rischi per prevenire ulteriori tragedie. L’organizzazione chiede, inoltre, a tutte le parti in conflitto di rispettare il diritto internazionale umanitario, di evitare l’uso di ordigni esplosivi nelle aree popolate e di garantire l’accesso umanitario. «Non possiamo stare a guardare mentre le vite dei bambini vengono portate via da queste orribili armi – sono ancora le parole di Ashfaq Ahmad -. La situazione in Yemen è devastante. Tutte le parti in conflitto diano priorità alla protezione delle bambine, dei bambini e dei ragazzi e garantiscano che non siano più esposti ai rischi provocati dalle mine e da altri ordigni esplosivi».

Per quanto riguarda la comunità internazionale, Save the Children esorta i donatori a finanziare completamente il Piano di risposta umanitaria per lo Yemen, che ammonta a 4,3 miliardi di dollari, a stanziare risorse per la salute mentale e il supporto psicosociale per i bambini e a far sì che i responsabili rispondano delle loro azioni. Da parte sua, l’organizzazione – presente nel Paese da 60 anni con programmi in materia di istruzione, protezione dell’infanzia, salute e nutrizione, acqua, servizi igienico-sanitari e risposta alle emergenze – continua a fornire cure mediche e assistenza alle vittime delle mine e degli ordigni inesplosi, coprendo i costi e fornendo supporto psicosociale.

23 marzo 2023