In un film il sogno di Enaiat, dall’Afghanistan in Italia

Presentata a Roma la pellicola diretta dalla regista e drammaturga Patrizia Schiavo, dalla storia raccontata nel romanzo “Nel mare ci sono i coccodrilli”

«Sognare un futuro diverso e consapevole: è questa la possibilità che mi è stata data e che ho deciso di coltivare». Enaiatollah Akbari ha un sorriso luminoso e accogliente mentre parla, eppure la sua è stata un’infanzia travagliata, dolorosa, ma anche eroica. Nato a Nawa, in Afghanistan, e di etnìa hazara, viene lasciato in Pakistan da sua madre a soli dieci anni perché potesse salvarsi dalle persecuzioni dei talebani. Un tragico atto di amore preceduto dalla consegna al figlio di tre regole di vita: non fare uso di droghe, di armi e non rubare. E così farà Enaiat in un’odissea durata circa otto anni dall’Afghanistan, attraverso Pakistan, Iran, Turchia, Grecia, fino all’Italia. A guidare questo lungo viaggio tra le montagne e il mare, fatto di paura, violenza, fame e dolore, una speranza: trovare un giorno un luogo da chiamare casa, dove gli venga riconosciuto il diritto allo studio.

Un sogno divenuto realtà nel 2016, quando a Torino si laurea in Scienze internazionali dello sviluppo e della cooperazione. La sua storia, raccontata nel 2010 nel romanzo di Fabio Geda “Nel mare ci sono i coccodrilli”, ampliata e arricchita, sempre da Geda, dieci anni dopo, con “Storia di un figlio”, è oggi anche un film: “Enaiat, l’incredibile storia”, diretto dalla regista e drammaturga Patrizia Schiavo. Realizzato in collaborazione con la Regione Lazio e con il patrocinio di Amnesty International, è stato presentato il 6 luglio a Teatrocittà, a Torre Spaccata, durante un incontro con Enaiat, l’autore Fabio Geda, la regista e l’attore protagonista Antonio De Stefano.

«Ho provato una profonda emozione per ciò che l’opera mi trasmetteva – le prime parole di Enaiat -. Nel film ho riconosciuto non solo me stesso ma anche le storie di tante altre persone ». A esprimere gratitudine per il lavoro realizzato, anche Geda: «Questa è la prima volta che vediamo il libro sul video con la dignità e la qualità del cinema – ha commentato -. Sono rimasto molto colpito dalla sintesi, che è vicinissima al cuore pulsante della vicenda umana di Enaiat». Il film infatti, pensato in pieno lockdown e curato nella sua veste cinematografica da Persico Film, si configura come un originale esperimento di fusione fra teatro e cinema: «Con questa storia ho deciso di tentare una trasposizione cinematografica – ha spiegato Schiavo -, di avvicinarmi al linguaggio filmico, innanzitutto per lasciare un segno del tempo che stiamo vivendo e della nostra resistenza nel nostro teatro chiuso da un anno».

Un’esperienza faticosa, che ha visto un grande lavoro di documentazione su ambienti e costumi, ma anche emozionante, come spiega la stessa regista, che nel film interpreta la mamma di Enaiat: «La prima volta che ho parlato con lui al telefono c’è stato un grande scoppio di umanità – ha raccontato -. In quell’occasione il processo di identificazione con sua madre è stato totale e ho avuto la possibilità di comprendere fino in fondo quell’atto così distante dal nostro modo di pensare e concepire il ruolo materno». A sottolineare la centralità del rapporto di Enaiat con sua madre, anche l’attore che nel film lo ha interpretato: «Ciò che più mi ha colpito della sua storia – ha commentato De Stefano – è la forza d’animo che ha dimostrato non solo nello studio ma anche nell’intenzione di rimanere fedele alle regole che la mamma gli aveva sussurrato all’orecchio prima di andar via». Questo racconto straordinario, dal grande potere di trasformazione personale e collettiva, è disponibile on demand, nella sua versione cinematografica, su www.teatrocitta.it.

12 luglio 2021