In Siria un milione di bambini senza aiuti

A pochi giorni dall’entrata nell’ottavo anno di conflitto, Save the Children lancia il rapporto “Voci dalle aree del pericolo” e l’app “La guerra non è un gioco”, per spiegare l’esperienza di un bombardamento sulla propria casa

Inizia giovedì 15 marzo l’ottavo anno di guerra in Siria. Alla vigilia, Save the Children lancia il nuovo rapporto “Voci dalle aree del pericolo“, accompagnandolo con una provocatoria app dal titolo “La guerra non è un gioco“, per spiegare al grande pubblico l’esperienza di un bombardamento sulla propria casa. Nelle “de-escalation zone” ogni giorno, a partire dalla seconda metà del 2017, denunciano, si contano almeno 37 civili uccisi, «ogni 2 giorni viene attaccata un’ambulanza e ogni 3 un operatore sanitario viene colpito. Più di 2 milioni di persone, la metà bambini, continuano a non ricevere aiuti umanitari».

Tra queste zone, nelle quali non avrebbero dovuto esserci bombardamenti e dove gli aiuti umanitari avrebbero potuto accedere liberamente, ci sono anche le aree di Idlib e della Ghouta orientale, dove invece negli ultimi mesi si sono moltiplicate violenze e morte. Dall’inizio del 2018 alla metà di febbraio, solo nell’area est di Ghouta, si legge nel Rapporto, «sono state uccise più di 600 persone e oltre 2mila sono state ferite. Nella stessa zona, più di 60 scuole sono state distrutte o danneggiate dai bombardamenti. Soltanto a febbraio, 24 strutture sanitarie sono state colpite dai bombardamenti che continuano a imperversare nell’area, provocando l’interruzione dei servizi per migliaia di persone che avevano bisogno di assistenza medica, tra cui molte donne in gravidanza e casi di grave necessità di interventi chirurgici». Ancora, «continua a crescere il numero di bambini malnutriti, mentre i pochi medici rimasti sono costretti ad operare in condizioni difficilissime, riutilizzando bendaggi su più pazienti, perché non è rimasto più nulla».

Secondo il direttore della comunicazione e delle campagne di Save the Children Filippo Ungaro, la risoluzione 2401 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, approvata il 24 febbraio scorso all’unanimità, «è stata platealmente ignorata e violata in poche ore: all’unico convoglio umanitario che è potuto accedere all’area sono state sottratte la maggior parte delle forniture mediche prima che potessero essere consegnate e a causa della violenza nelle aree circostanti, il convoglio è dovuto ripartire prima che potessero essere scaricati nove camion pieni di generi alimentari. Non un solo bambino malato è stato evacuato come previsto dalla risoluzione. Tutte le parti in conflitto – commenta Ungaro – continuano a mostrare un quotidiano disprezzo per la vita dei civili e per il diritto internazionale. Le Nazioni Unite hanno confermato l’utilizzo di sostanze chimiche utilizzate come armi in aree popolate. Dopo 2.557 giorni di guerra, questa è ancora la situazione in cui i bambini siriani sono costretti a vivere».

In tutto il Paese, si legge ancora nel rapporto, dopo l’annuncio delle zone di de-escalation sono aumentate del 45% le vittime civili di armi esplosive, con oltre 37 civili uccisi ogni giorno, «il tasso più alto negli ultimi quattro anni». E il 2018 «sta andando ancora peggio, con più di 600 persone uccise in due settimane nella sola area della Ghouta orientale». Il documento di Save the Children prosegue con un lungo elenco di distruzioni, testimoniate dagli operatori sul terreno. In tutto il Paese si stima ci siano 6 milioni di sfollati interni; negli ultimi 3 mesi del 2017 più di un milione di persone sono fuggite dalle loro case, con un aumento del 60% dall’annuncio della creazione delle zone di de-escalation. «Una forte crescita dei combattimenti nella zona di Idlib, nel nord-ovest della Siria, ha costretto oltre 385mila persone a lasciare le proprie case da metà dicembre 2017: si tratta di uno dei più grandi movimenti di persone negli ultimi anni, con oltre 3.500 bambini sfollati ogni giorno in questa regione». E sfollamenti di massa si stanno verificando anche in altre aree del Paese dove si è intensificata l’azione militare, da Afrin alla aree intorno a Raqqa e Deir-ez-zour.

Il rapporto denuncia che «più di due milioni di persone che vivono in aree assediate o difficilmente raggiungibili non hanno ricevuto alcun convoglio di aiuti umanitari nel 2017 e solo il 27,3% delle richieste di convogli sono state approvate per intero dal governo siriano. Almeno 125 richieste sono state respinte». Nella Ghouta orientale i tassi di malnutrizione infantile sono quasi sei volte più alti di un anno fa: è malnutrito almeno un bambino su quattro e più di un terzo ha una crescita rachitica. Molti i bambini che «mangiano solo un pasto al giorno, spesso una dieta a base di riso e lenticchie fornita da organizzazioni umanitarie locali, ma sono tanti i bambini che non hanno neppure quello e le cui famiglie sono costrette a far mangiare i propri figli a turno, un giorno uno e un giorno l’altro». Tassi di denutrizione denunciati anche tra i bambini in fuga dai combattimenti di Idlib. «Nel gennaio 2018, più di un terzo dei bambini sfollati mostrava segni di anemia e il 6,5% delle donne sfollate o in allattamento era malnutrito».

In ginocchio, in tutto il Paese, sia il sistema sanitario che quello di istruzione. Tra luglio 2017 e gennaio 2018, denunciano da Save the Children, ci sono stati «almeno 92 attacchi verificati sui servizi sanitari in tutta la Siria, tra cui ospedali, ambulatori e ambulanze – quasi uno ogni due giorni – in violazione del diritto umanitario internazionale. Almeno 77 operatori sanitari sono stati uccisi o feriti». Più del 60% di questi attacchi si sono verificati nei governatorati della Siria nord-occidentale di Idlib, Hama e Aleppo. «Questi attacchi hanno interrotto i servizi presso strutture che altrimenti avrebbero effettuato oltre 80mila prestazioni e oltre 2.100 interventi chirurgici importanti. Interrotti dagli attacchi servizi ospedalieri che avrebbero fornito assistenza a più di mille donne in procinto di partorire».

Nella Ghouta orientale, «in soli cinque giorni a febbraio sono stati segnalati attacchi a 14 ospedali, 3 centri sanitari e 2 ambulanze, mentre vengono regolarmente negati i permessi di evacuazione a più di 120 bambini che hanno bisogno di urgenti trattamenti salva-vita e vengono così condannati a morte dall’assedio. Non un solo bambino malato è stato evacuato da quando è stata adottata la risoluzione Onu 2401». Non stanno meglio le scuole: circa il 43% non funziona più. Oltre 60 quelle colpite dai bombardamenti nei primi due mesi del 2018 solo nella Ghouta orientale; almeno 18 quelle completamente rase al suolo, con oltre 57mila alunni che hanno dovuto interrompere o abbandonare la scuola. Le scuole nel nord-ovest della Siria e nella Ghouta orientale si aprono e chiudono su base giornaliera a seconda della situazione di sicurezza. Con inevitabili conseguenze per l’apprendimento di un’intera generazione di bambini.

«I bambini della Siria sono stati traditi dal mondo per troppo tempo – afferma ancora Ungaro  -. Quasi tre milioni di bambini sono nati e cresciuti senza conoscere altro che la guerra. Nonostante le recenti promesse di un cessate-il-fuoco, i bambini vengono ancora bombardati nelle loro case, a scuola o negli ospedali. Chiediamo la cessazione immediata dei combattimenti per consentire alle organizzazioni umanitarie, come Save the Children, di fornire aiuti salvavita alle centinaia di migliaia di bambini intrappolati nella Ghouta orientale e in altre aree duramente colpite dal conflitto». La comunità internazionale« non può tollerare oltre e lasciare che una generazione di bambini soffra in questo modo. Deve usare la propria influenza per garantire un immediato cessate-il-fuoco e costringere le parti in conflitto a negoziare la fine duratura di una guerra che ha distrutto così tante vite».

13 marzo 2018