La Chiesa di Roma in preghiera per la pace

La veglia per la Siria e l’Iraq presieduta dal cardinale Leonardo Sandri nella parrocchia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo: «Chiediamo perdono se siamo assuefatti a rapimenti, uccisioni, profughi accampati»

«Vorrei che tutti guardassimo i volti gli uni degli altri, ancora una volta. Con l’impegno della conversione personale possiamo farci carico del male e di coloro che lo compiono, affinché possano aprirsi a una spiritualità autentica che non uccide ma insegna e promuove il bene dell’altro, anche se non si crede alle stesse cose». Le parole del cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, riecheggiano nella parrocchia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo. È giovedì sera, e la chiesa è gremita di fedeli accorsi per partecipare alla veglia di preghiera per la pace in Siria e in Iraq promossa dal Centro pastorale diocesano per la cooperazione missionaria tra le Chiese e l’Ufficio diocesano per la pastorale delle migrazioni.

«Chiediamo perdono – prosegue – se siamo assuefatti a quanto accade: rapimenti, uccisioni, profughi accampati. I drammi cui assistiamo vengono alimentati dall’interno, dai trafficanti di armi, di materie prime e di uomini, donne e bambini: cosa ce ne facciamo della luce di Betlemme, una luce di pace, che ferma la mano di chi uccide e semina odio, e fa vedere tutti come fratelli, se non la estendiamo a tutti? Il Dio dell’alleanza non ha smesso di camminare con l’uomo, nonostante la fede sbiadita e percepita come sottocultura. I cristiani – aggiunge il cardinale – devono restare in Medio Oriente come testimonianza di Gesù Cristo, che lì è nato e vissuto. Il grido che arriva fino a Dio è quello dei morti di terrorismo, di Nigeria e Messico. Vogliamo farci intercessori di quanti sono in Siria e in Iraq – conclude – perché il futuro sia luminoso per tutti».

Nel corso della preghiera, dalla penombra la chiesa si riempie di luce, accendendo i vetri cattedratici della croce greca sul grande ottagono di marmo della navata principale. Qui, in fila, giovani, adulti, religiosi e suore si avvicinano e con un cucchiaino versano granelli di incenso il cui filo riccio sale diffondendosi fino al soffitto sorretto da travi di legno. La veglia, incentrata sul brano del Libro della Genesi che narra l’incontro di Dio con Abramo alle Querce di Mamre (Gn 18,1-21), letto in italiano e arabo, è animata dalle comunità cattoliche presenti a Roma: gli armeni di San Nicola da Tolentino, i libanesi maroniti di San Marone, i siro-antiocheni di Santa Maria in Campo Marzio e i greco-melchiti di Santa Maria in Cosmedin.

Vengono lette nel silenzio le testimonianze del Natale vissuto dai focolarini che abitano a Damasco e Aleppo e delle suore trappiste sparse per la Siria, che raccontano parole che non servono più quando «una nazione è distrutta e i giovani sono sterminati», e temono un domani dominato dal sangue, «sempre altro sangue». Un pensiero va a tutte le vittime in Medio Oriente: in modo particolare, nella serata in cui arriva l’annuncio del rilascio di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due giovanissime volontarie italiane rapite in Siria lo scorso luglio, si prega per tutti coloro che ancora non sono stati liberati, come padre Paolo Dell’Oglio, la cui famiglia partecipa alla veglia.

Invoca il dono del «dialogo» e della «reciproca accoglienza, la capacità di vivere le relazioni nella consapevolezza della sacralità» proprio in virtù del fatto che l’altro è «creato e amato da Dio» don Michele Caiafa, addetto al Centro per la cooperazione missionaria tra le Chiese, mentre il vescovo ausiliare per il settore Centro, Matteo Zuppi, manifesta la speranza che «le lacrime di tante mamme e tante persone possano essere asciugate dalla gioia per la resurrezione dei loro Paesi».

Fa freddo, sul sagrato della parrocchia della Natività. Ma non si sciolgono i gruppetti che, a veglia conclusa, si apprestano a rientrare a casa: le suore basiliane vanno a Grottaferrata, le missionarie di San Pietro Claver nei pressi di Santa Maria Maggiore. Sono numerosissime, una sola italiana tra indiane, olandesi, polacche, nigeriane. «Non ce ne perdiamo una, di veglie. È il nostro compito, siamo missionarie, vogliamo aprirci alla Chiesa e al mondo».

 

16 gennaio 2015