In Nigeria uccisi tra i 9mila e gli 11.500 cristiani
Il rapporto dell’organizzazione Open Doors: 13mila le chiese distrutte o costrette a chiudere; almeno 1,3 milioni gli sfollati interni o obbligati a trasferirsi
Il rapporto dell’organizzazione Open Doors: 13mila le chiese distrutte o costrette a chiudere; almeno 1,3 milioni gli sfollati interni o obbligati a trasferirsi altrove
11.500, secondo una stima prudente, i cristiani uccisi negli ultimi 10 anni; 1,3 milioni almeno gli sfollati intenri o obbligati a trasferirsi altrove, a partire dal 2000; 13mila le chiese distrutte o costrette a chiudere; migliaia le attività economiche, proprietà e case di cristiani andate distrutte. È la fotografia delle condizioni nelle quali sono costretti a vivere i cristiani nel nord della Nigeria e nella cosiddetta Middle Belt, contenuta nel rapporto dell’organizzazione Open Doors (Porte Aperte) “Crushed but not defeated”. Schiacciati ma non sconfitti“: così si potrebbe tradurre il titolo di questo dossier, ripreso anche dall’Agenzia Fides. Un bilancio di violenze e soprusi che in alcune aree della Nigeria del Nord hanno virtualmente cancellato la presenza cristiana, «mentre in altre aree il numero di fedeli nelle chiese è cresciuto a causa del flusso di cristiani in fuga dalle violenze e di un certo numero di musulmani convertitesi al cristianesimo».
In questo quadro, è stata messa in pericolo anche la coesione sociale tra musulmani e cristiani. «La reciproca fiducia – si legge nel testo – è sostanzialmente scomparsa; cristiani e musulmani sono diventati gruppi sempre più separati e distinti, raggruppati in periferie, quartieri o specifiche aree rurali». Molteplici, secondo Open Doors, le cause della violenza contro i critiani in quest’area: religiose senz’altro, ma anche economiche e sociali. «Gli elementi della violenza specificatamente mirata contro i cristiani nella Nigeria del Nord sono collegati da un comune denominatore religioso: difendere gli interessi dei musulmani del nord, la loro identità e la posizione dell’Islam», è spiegato nel rapport. Eppure non solo l’Islam radica le – «Boko Haram ne è l’esempio più noto» -, ma anche «allevatori musulmani Hausa-Fulani e l’élite musulmana politica e religiosa del nord sono attori principali della violenza che mira a colpire la minoranza cristiana».
Eppure la presenza cristiana nella Nigeria del Nord resta ampia, «con potenziale di unità e resistenza». La Chiesa di questa regione, avvertono i curatori del rapporto, «dovrà cercare di non chiudersi in se stessa e disimpegnarsi dalla società. Dovrebbe fare l’opposto, stimolata dalla sua spinta cristiana a essere coinvolta con la società e operare per la giustizia, la pace e la riconciliazione condividendo le proprie risorse per il bene di tutti». Indispensabile, per questo, l’aiuto della comunità internazionale, «affinché la Chiesa possa lavorare per il rinnovamento e la trasformazione della comunità cristiana e della società nigeriana del nord in generale».
24 febbraio 2016