In Niger preghiera e digiuno per padre Maccalli

La diocesi di Niamey ha iniziato un triduo che si conclude il 19 ottobre. Dopo il suo rapimento, tra il 17 e il 18 settembre, il vescovo ha costituito per le tre parrocchie vicine una equipe pastorale con base in un luogo più sicuro

Si conclude domani, 19 ottobre, il triduo di preghiera e digiuno per la liberazione di padre Gigi Maccalli, rapito a metà settembre, indetto dalla “sua” diocesi di Niamey, in Niger. A riferirlo all’Agenzia Fides è padre Vito Girotto, anche lui come Maccalli appartenente alla Società per le Missioni Africane (Sma), parroco della parrocchia di Makalondi, vicina a quella di Bomoanga, di cui era guida pastorale il missionario rapito. «Mi interesso, come possibile, della parrocchia che ho dovuto lasciare dopo il rapimento. Domenica ho celebrato ancora la Messa lì. Mi è costato molto lasciare la comunità, dopo il rapimento di padre Gigi. Da allora risiedo a Niamey».

Dopo il rapimento, riferisce un altro missionario Sma a Nuamey padre Mauro Armanino, la diocesi ha riorganizzato l’assistenza religiosa alle comunità cristiane della regione di Bomoanga, Kankani e Makalondi, per motivi di sicurezza. «Il vescovo – spiega – ha costituito un’équipe pastorale, con base a Makalondi, luogo ritenuto più sicuro, che accompagnerà le tre parrocchie. Si tratta di una nuova esperienza dettata dall’urgenza ma che potrebbe rivelarsi feconda dal punto di vista pastorale».

Iniziato intanto l’anno pastorale della diocesi, dedicato, per il secondo anno consecutivo, alla pastorale della gioventù, con il riferimento alla croce di Gesù e all’invito a “Prendere il largo”. «Il ricordo delle chiese bruciate nel gennaio 2015 – ancora le parole di padre Mauro – è ancora ben presente, e la fiducia che esisteva prima nei confronti della società è un po’ calata. Ma dobbiamo ravvivarla, per il bene del Paese e della convivenza pacifica. Il rapimento di padre Pierluigi ha creato un clima di sgomento e paura, ma anche di preghiera e solidarietà».

Padre Armanino traccia un quadro della vita della Chiesa locale, dove Maccalli era impegnato. «Nella diocesi di Niamey, una delle due del Paese, ci sono 37 preti e 69 religiose, più qualche fratello laico e alcune laiche consacrate. Le parrocchie sono in città e nella zona rurale. La zona attualmente più aperta all’evangelizzazione è quella Gourmanché, al confine col Burkina Faso – aggiunge -, la zona dove padre Gigi è stato rapito». Nonostante la presenza di vari movimenti ecclesiali, diocesani e parrocchiali, per ragazzi, giovani e famiglie, «la presenza di cattolici nel Paese non arriva a 50mila persone. La maggior parte di loro sono stranieri, immigrati da Togo, Benin, Burkina Faso, Nigeria. L’approccio pastorale, almeno finora, è stato quello di stare con la gente, accompagnandone il cammino – prosegue il missionario -. Vi sono molte opere sociali gestite dalla Chiesa: scuole, cliniche mediche, Caritas, che offrono una testimonianza di amore gratuito verso tutti».

18 ottobre 2018