«Ho lasciato l’Iraq in un momento in cui il paese si trova ad affrontare diverse sfide e opportunità. In tutti i posti che ho visitato – Mosul Est, Baghdad, Fallujah, Erbil – i bambini e le loro famiglie mi hanno raccontato i loro sogni e quanto sono determinati a realizzarli». È il racconto di Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef, di ritorno da una misisone in Iraq. Lake parla di 1,4 milioni di bambini sradicati a causa delle violenze nel Paese e circa 200.000 intrappolati a Mosul. «Ho parlato con una famiglia a Mosul Est che vive vicino un centro di distribuzione dell’acqua – prosegue -. La famiglia ha dato lezioni ai suoi figli a casa per oltre due anni. Erano assetati di acqua e di istruzione, la chiave per un futuro migliore». Uscendo da Mosul, «a Fallujah, i ragazzi e le ragazze nelle scuole che hanno riaperto tra i detriti della guerra che segnano ancora la città hanno detto di voler diventare dottori e ingegneri».

Unicef sta collaborando con il governo dell’Iraq proprio per garantire a tutti i bambini nel Paese le risorse di cui hanno bisogno per realizzare i propri sogni. «Questo – argomenta il direttore generale dell’Unicef – significa dare loro nuove classi, quaderni e programmi accelerati per l’istruzione. Perché saranno proprio questi studenti che, se avranno le competenze giuste e si riprenderanno a livello psicologico, potranno aiutare il proprio Paese a uscire dal periodo di guerra ed entrare in un futuro di pace». Di qui l’impegno dell’agenzia umanitaria per «garantire ai bambini e alle famiglie colpiti dalla crisi a Mosul aiuti salva vita che comprendono acqua, accesso a servizi igienico sanitari, supporto psicosociale e la possibilità di ritornare a imparare il più presto possibile. Quando i combattimenti si fermeranno, non sarà la fine: vedremo l’inizio della costruzione di una pace intergenerazionale in una grande nazione che ne ha vista troppo poca».

24 marzo 2017