In Afghanistan una nuova classe di affamati

L’allarme del World food programme: insicurezza alimentare anche per chi vive nelle città. Cibo sufficiente ogni giorno solo per 5 famiglie su 100

L’allarme arriva dal World food programme, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare: in Afghanistan sta nascendo una nuova classe di affamati. Il motivo: la perdita di posti di lavoro, la mancanza di contante e,  parallelamente, gli aumenti dei prezzi. Il risultato è che, per la prima volta, chi vive nelle città soffre l’insicurezza alimentare a livelli simili a quelli delle comunità rurali, devastate da due siccità negli ultimi tre anni.

Secondo una recente indagine del Wfp, solo il 5% delle famiglie nel Paese dispone di cibo sufficiente ogni giorno, mentre la metà di quelle intervistate ha riferito di aver esaurito il cibo a disposizione almeno una volta nelle ultime due settimane. Nell’analisi di Mary-Ellen McGroarty, direttrice e rappresentante Wfp in Afghanistan, «la caduta libera dell’economia nel Paese è stata improvvisa e continua e si aggiunge a una situazione già difficile, con l’Afghanistan alle prese con la seconda grave siccità negli ultimi tre anni. Stiamo facendo tutto il possibile per sostenere le comunità afghane in questo momento critico», aggiunge.

In questa situazione, anche la classe media fa fatica. Solo il 10% delle famiglie con il capofamiglia che ha un’istruzione superiore o universitaria è riuscita a comprare ogni giorno cibo sufficiente per le proprie famiglie. Sebbene il quadro peggiori per chi ha livelli di istruzione più bassi, «la prevalenza senza precedenti della fame tra le famiglie che prima non soffrivano la piaga della fame è indice della profonda crisi che gli afghani si trovano davanti». Basti pensare che, in media, i capofamiglia trovano lavoro solo per un giorno a settimana, a malapena sufficiente per permettersi cibo il cui prezzo sta rapidamente aumentando. Il prezzo dell’olio da cucina, ad esempio, è quasi raddoppiato dal 2020 e il grano è aumentato del 28%.

«L’Afghanistan è sull’orlo del collasso economico – è la denuncia del Wfp -, causato da un rapida revoca degli aiuti internazionali, insieme all’impossibilità di accedere a beni all’estero. Ciò contribuisce, a sua volta, a incrementare la crisi di contante, con una forte svalutazione della moneta locale oltre  all’improvviso arresto degli investimenti stranieri, spingendo ancora più famiglie nell’insicurezza alimentare con sempre meno lavoro disponibile e meno guadagni». L’agenzia delle Nazioni Unite, riferisce McGroarty, «sta intensificando il lavoro per rispondere alle urgenti sfide di doppia natura. Per prima cosa, continuiamo ad assistere le persone che ne hanno più bisogno per evitare che la fame acuta e la malnutrizione devastino il Paese – spiega -. Secondo, stiamo rafforzando le capacità locali per produrre cibo e portarlo ai mercati, oltre a fornire opportunità di lavoro a breve termine che aiutino a stabilizzare l’economia e diano contante alle famiglie».

Complessivamente quest’anno il Wfp ha fornito assistenza alimentare a 6,4 milioni di persone, compresi oltre 1,4 milioni di persone dalla conquista del potere da parte dei talebani il 15 agosto. Tra agosto e settembre, ha continuato i programmi di alimentazione scolastica, aiutando a mantenere bambini e bambine a scuola e prevenendo la malnutrizione, mentre si sosteneva l’economia locale con cibo prodotto e comprato localmente, creando mercati stabili, sostenendo l’agricoltura locale e rafforzando i sistemi alimentari locali. Ora «sta lottando contro il tempo per fornire assistenza alimentare e nutrizionale salvavita alle famiglie afgane più vulnerabili. Abbiamo bisogno di 200 milioni di dollari per comprare e preposizionare cibo prima dell’arrivo dell’inverno. Se perdiamo questa finestra di opportunità, le conseguenze saranno catastrofiche», mette in guardia McGroarty.

23 settembre 2021