In Afghanistan da gennaio uccisi o feriti oltre 1.800 minori

L’allarme di Save the Children: «È ancora uno dei posti peggiori al mondo in cui essere un bambino», nonostante una «apparente riduzione dei decessi»

«La guerra in Afghanistan ha ucciso almeno 553 bambini finora nel 2020. Più di 1.295 minori sono stati feriti e molti di loro hanno ferite di cui porteranno i segni per la vita. È positivo che quest’anno ci sia stata un’apparente riduzione dei decessi, ma l’Afghanistan è ancora uno dei posti peggiori al mondo in cui essere un bambino». A commentare i dati delle Nazioni Unite, secondo cui quest’anno nel conflitto afghano sono stati uccisi o mutilati quasi 1.900 bambini, è Chris Nyamandi, direttore di Save the Children in Afghanistan.

I dati Onu arrivano dopo una serie di recenti attacchi a civili, come l’attentato suicida di sabato  scorso, 24 ottobre, fuori da un centro educativo a Kabul, che ha ucciso almeno 24 persone e ne ha ferite dozzine. Tra il 1 ° gennaio e il 30 settembre 2020, la Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan ha documentato 5.939 vittime civili, di cui 1.848 (553 uccisi e 1.295 feriti) erano bambini, quasi un terzo di tutte le vittime. Il numero totale di vittime civili, informano dall’organizzazione internazionale, ha segnato una riduzione del 30% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno ed è la prima volta in cinque anni che sono state registrate meno di 2mila vittime di minori nei primi nove mesi dell’anno.

«Questa spaventosa perdita di vite umane e queste lesioni sono gravi e fungono da forte promemoria del pesante tributo che il conflitto continua a far pagare agli innocenti – ancora le parole di Chris Nyamandi -. Anche scuole e ospedali sono stati danneggiati o distrutti nel conflitto, insegnanti e personale medico sono stati uccisi. Ciò ha avuto un profondo impatto su un’intera generazione di giovani che hanno sempre conosciuto la guerra e la cui istruzione è stata rovinata». Lo conferma la testimonianza di una ragazza di 14 anni raccolta dagli operatori di Save the Children nel distretto di Saayad, Sar-e-Pul Afghanistan. «Quando scoppiano i combattimenti – racconta -, nessun posto è sicuro nel nostro villaggio ma casa è comunque meglio che fuori. Ci nascondiamo negli angoli delle stanze».

Nyamandi rinnova dunque l’invito a tutte le parti in conflitto a «concordare un accordo di pace duraturo, in modo che le future generazioni di bambini possano crescere in un Paese libero dalla paura della violenza, della morte e delle lesioni. Questo – osserva – è anche un campanello d’allarme per la comunità internazionale per continuare a investire nel futuro dell’Afghanistan e contribuire a preservare i fragili guadagni nell’istruzione e nella sanità degli ultimi decenni».

28 ottobre 2020