In 3mila in marcia dall’Honduras verso gli Stati Uniti

L’esodo spontaneo si è messo in moto negli ultimi giorni. La Chiesa cerca di garantire accoglienza e aprire un corridoio umanitario. L’appello di 5 organizzazioni religiose: garantire diritti fondamentali dei migranti

Sono oltre 3mila i cittadini dell’Honduras che nei giorni scorsi hanno deciso, tutti insieme, di lasciare il Paese per tentare di raggiungere gli Stati Uniti con una camminata di migliaia di chilometri, attraverso il Guatemala e il Messico. In fuga da povertà, violenza, corruzione e mala politica. Per lo più campesinos, spesso con mogli e figli al seguito, poveri, anche persone in sedia a ruoto. Un esodo collettivo, il loro, imprevedibile, che si è messo in moto nello scorso fine settimana, da San Pedro Sula, la seconda città del Paese, a 180 chilometri nord della capitale Tegucigalpa.

Tra il 15 e il 16 ottobre la carovana è arrivata alla frontiera con il Guatemala. Nonostante l’opposizione del governo al loro passaggio, la maggior parte di questo gruppo di migranti si trova già in territorio guatemalteco, soprattutto nella città di Esquipulas, accolti da una vasta rete di organismi e associazioni, in particolare nella locale casa del migrante e in altri luoghi pubblici. La Chiesa, attraverso la varie realtà che si occupano di migrazioni, si è sforzata non soltanto di accogliere i migranti honduregni ma anche di garantire loro un corridoio umanitario. Attesa per la mattinata di oggi, 17 ottobre – quando in Italia sarà pomeriggio – la conferenza stampa dei vescovi guatemaltechi. Dagli Usa intanto il presidente Trump chiede alle autorità dell’Honduras di fermare la marcia.

A sostegno dei 3mila cittadini dell’Honduras in marcia si è schierata la Red Jesuita, con Migrantes Centroamérica, Missionari Scalabriniani, le case del migrante di Città del Guatemala, Tecún Umán e dell’El Salvador. In un comunicato congiunto sottolineano che «in Honduras prosegue una situazione di violenza generalizzata e politica, di deterioramento delle condizioni di vita e di governabilità del Paese, che si è consolidata in seguito al colpo di stato del 2009 e alla frode elettorale del 2017». I firmatari della nota sottolineano anche che «questa carovana ha iniziato il suo corso immediatamente dopo che i governi dell’America centrale avevano visitato gli Stati Uniti senza mostrare la capacità di gestire politiche di attenzione e protezione per i propri connazionali che vivono in quel Paese». La critica si rivolge in particolare all’atteggiamento di Guatemala e Messico, volto solo a difendere i propri confini, in contraddizione con l’Accordo di libera mobilità firmato dai Paesi del Centroamerica. 

Da ultimo c’è la richiesta agli Stati coinvolti e agli stessi mezzi di comunicazione di non criminalizzare i migranti e le organizzazioni umanitarie; di assumere la responsabilità di garantire i diritti fondamentali delle persone migranti e di prestare loro attenzione umanitaria; di prendere provvedimenti particolari per minori, donne e anziani. Chiamati in causa anche gli organismi internazionali, ai quali viene rivolto un appello ad accompagnare verso una soluzione «integrale e umanitaria» per queste persone.

17 ottobre 2018