Immigrazione e sicurezza, corrispondenza «demagogica»

Mario Morcone, direttore del Consiglio italiano rifugiati, all'incontro Acse: «La migrazione è connaturata alla storia dell'uomo. Non tenerne conto conduce in un tempo cupo»

Stabilire una corrispondenza tra il fenomeno dell’immigrazione e il tema della sicurezza dei cittadini italiani è «errato, demagogico e anche frutto di una manipolazione mediatica» ma, primariamente, «significa non tenere conto che la migrazione è connaturata alla storia e ai bisogni dell’uomo perciò chiunque dichiari di potervi porre fine, mente» nonché «conduce il nostro Paese in un tempo cupo, caratterizzato da quell’egoismo che tradisce i valori e gli ideali più profondi». Questa la preoccupata riflessione di Mario Morcone, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati, intervenuto ieri sera, 28 febbraio, all’incontro sul tema “Quale salute per i migranti oggi?”, promosso dall’Associazione comboniana a servizio di emigrati e profughi (Acse), che ha avuto luogo nell’aula capitolare dei Missionari Comboniani di via Luigi Lilio, in zona Eur.

«Il cosiddetto “decreto sicurezza” – ha chiosato Morcone analizzando la legge 312 entrata in vigore lo scorso dicembre – non raggiungerà in nessun modo l’obiettivo che il legislatore si è posto e cioè più sicurezza nel nostro Paese», perché, anzi, «provvedimenti quali l’abolizione della protezione umanitaria, le liste dei Paesi sicuri e l’iscrizione anagrafica creeranno migliaia di irregolari, nuove forme di marginalità e derive di esclusione sociale che inevitabilmente renderanno più fragili le persone che arriveranno in Italia, enfatizzando il rischio di conflitti».

Anche per Salvatore Geraci, responsabile dell’Area sanitaria della Caritas di Roma, in questi ultimi tempi «il tema dell’immigrazione, amplificato da un’informazione talvolta distorta, è stato polarizzato tra favorevoli e contrari ma nella semplificazione di un fenomeno complesso non c’è mai
buonafede». Guardando «ai dati oggettivi, non c’è mai stata un’emergenza sanitaria rispetto al profilo di salute degli immigrati» e «garantire a tutti il libero accesso alle cure è la soluzione più economica e davvero più sicura per l’intera collettività». Sembra quindi mancare «una riflessione profonda su questi temi – ha evidenziato Filippo Gnolfo, direttore dell’Unità operativa per la salute
dei migranti della Asl Roma 1 – ma è paradossale in un Paese multietnico come l’Italia che conta 5 milioni di cittadini stranieri»; in questo scenario complesso «è importante lavorare facendo rete tra le realtà del territorio e anche cambiare la prospettiva sui vulnerabili, spostando l’attenzione dal cittadino all’individuo».

Dell’importanza di «fare rete e squadra» ha parlato anche Giuseppe Teofili, direttore sanitario dell’Acse e responsabile dell’ambulatorio odontoiatrico per migranti gestito dall’Associazione. «Non mancano le energie positive – ha detto riferendo delle tante offerte di prestazioni mediche volontarie da parte di professionisti di tutta Italia – ma ciò che conta è la buona governance perché la frammentazione non produce buoni risultati». Mentre Giancarlo Santone, direttore del Centro Samifo Asl Roma 1, ha evidenziato l’importanza di «tutelare anche la salute dei medici che lavorano a contatto con i migranti perché i traumi umani sono talvolta più contagiosi di una malattia».

Ad aprire i lavori era stato monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano, che nel suo saluto ha ricordato «il lavoro di padre Renato Bresciani, fondatore dell’Acse nel 1969, che tanto ha fatto per garantire il diritto primario alla salute di ognuno, specie della “bassa soglia”, fatta di nomi, volti e storie e che non sempre, ancora oggi, è tutelata».

1° marzo 2019