Il “volto” di un senzatetto in scena al Teatro India
Dal 24 aprile lo spettacolo vincitore del Premio Le Cure di Caritas ambrosiana. Ravasi: il progetto mette in risalto il valore del dialogo «portatore di senso»
«Ho incontrato Sami nell’estate 1995 a Parigi. Avevo diciannove anni. Sami, o Christophe come preferiva farsi chiamare, avrà avuto almeno ventisette o ventotto anni, era un sans-papiers tunisino a Parigi già da una decina di anni. Ho passato con lui nemmeno due giorni ma, una volta tornato in Italia, tra settembre e dicembre 1995 lui mi ha scritto diverse lettere». Così Nicola Russo, attore, regista e sceneggiatore teatrale, racconta la lunga relazione epistolare alla base della sua nuova pièce teatrale dal titolo “Christophe o il posto dell’elemosina”, prodotta dal Teatro dell’Elfo di Milano, che nel 2022 ha vinto il Premio “Le cure”, assegnato da Caritas ambrosiana e finalizzato a promuovere i valori dell’accoglienza e della solidarietà, e che dal 24 al 28 aprile sarà in scena al Teatro India nell’ambito della stagione del Teatro di Roma.
«Non so bene per quale motivo Christophe avesse scelto proprio me come destinatario dei suoi pensieri ma, dal 1995 a oggi, ho conservato le sue lettere – dice ancora Russo -. Ritrovandomi tra le mani questo materiale dopo più di venti anni mi sono reso conto di quanto le sue lettere siano una testimonianza di un mondo interiore». Russo racconta come ha tentato di ricostruire questa conversazione silenziosa fatta di parole scritte e di attese: «Ho immaginato che a raccontare al pubblico sia Christophe in prima persona, dondolando tra gli anni Novanta e oggi, svelandoci la sua vita da mendicante, i segreti dell’arte dell’elemosina, raccontando le vie e il calore di una città che per anni lo ha accolto e che, a causa della mancanza di un permesso di soggiorno e della sua povertà (povertà materiale, non di certo povertà d’animo), ha rappresentato il suo unico orizzonte». Una storia che mette in luce la durezza della vita di chi arriva senza documenti, sfidando la sorte e rischiando la vita, e tutta la bellezza che molte di queste persone hanno e che attendono, talvolta invano, di poter depositare nella terra che hanno scelto come nuova casa.
La cronaca è ricca di storie “eccezionali”, di giovani migranti che si laureano, divengono operosi. Ma chi viene marginalizzato invece è costretto a sotterrare i suoi talenti, a dimenticarseli, spesso trattato come una non-persona. Ed è per questo che il lavoro di Nicola Russo è importante: la storia di Sami-Christophe, infatti, è quella di una persona in totale solitudine che, nonostante gli incontri quotidiani con decine di persone ogni giorno per chiedere l’elemosina, non comunica con nessuno, finché non stabilisce uno scambio epistolare con un giovane (Nicola appunto) e lì trova il suo riscatto.
La giuria del Premio, presieduta dal cardinale Gianfranco Ravasi, nella motivazione ha spiegato come l’opera sia «un affresco della vita di un mendicante clandestino, che ha vissuto ai margini della società per un decennio; essendo un poeta, Sami ha lasciato attraverso alcune lettere una traccia dei suoi pensieri più intimi, che dimostrano la sua capacità di uscire dall’isolamento. Il progetto non solo mette in risalto il disagio sociale di chi si sente isolato, ma fa apparire i due aspetti del linguaggio umano: il primo come strumento di alienazione, il secondo come strumento di dialogo portatore di senso».
Un’opera teatrale, dunque che esplora fino in fondo il tema dei senza dimora i quali, oltre a non avere una casa, spesso non hanno più né voce, né identità e mette in luce come le nostre grandi città abbiano un effetto spersonalizzante e di espulsione del povero. E se Sami, essendo poeta, ha mantenuto una relazione con la parola grazie alla scrittura, ce ne sono tanti altri come lui che vivono nell’isolamento. A Roma sono 22mila. Il progetto, secondo il cardinale Ravasi, mette in risalto il valore del dialogo «portatore di senso»
16 aprile 2024