Il viaggio di Paolo verso Roma come il «viaggio ecumenico verso l’unità»

L’immagine usata dal Papa nei vespri che il 25 gennaio hanno chiuso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nella basilica di San Paolo fuori le mura

Ci potrà essere unità tra cristiani e si potrà «avanzare verso l’approdo comune» solo se ci si libera dagli «interessi di parte», si superano «i retaggi del passato» e si impara a essere più ospitali. Sabato 25 gennaio nella basilica di San Paolo fuori le mura è stato questo l’invito rivolto da Papa Francesco ai cattolici e ai fedeli e rappresentanti delle altre Chiese e comunità cristiane presenti a Roma, in occasione della celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di san Paolo Apostolo. La liturgia, animata dalla Cappella Sistina, dal coro “Mater Ecclesiae” e da quello dei monaci Benedettini, si è svolta a conclusione della 53° Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che per tradizione si svolge dal 18 al 25 gennaio, tra la festa della cattedra di Pietro e quella, appunto, della conversione di Paolo.

Al suo ingresso in basilica, Bergoglio – accompagnato dal metropolita Gennadios Zervos dell’arcidiocesi di Italia e Malta del Santo Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, dall’arcivescovo Ian Ernst, direttore del Centro anglicano e rappresentante personale dell’arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede, dal cardinale Kurt Koch e da monsignor Brian Farrel, rispettivamente presidente e segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani – ha sostato qualche istante in preghiera davanti alla tomba di san Paolo e dinanzi al corpo di san Timoteo, il “figlio prediletto” dell’Apostolo delle genti, che dal 17 al 26 gennaio è stato portato in pellegrinaggio a Roma dalla cattedrale di Termoli.

Il tema della Settimana, il cui materiale liturgico di preghiera è stato preparato dalle Chiese cristiane di Malta e Gozo, è stato “Ci trattarono con gentilezza”, tratto dagli Atti degli Apostoli. Ed è proprio sull’ospitalità che si è soffermato Francesco durante l’omelia, auspicando che l’iniziativa internazionale di preghiera ecumenica cristiana insegni «a essere più ospitali, prima di tutto tra cristiani» e anche tra fedeli di confessioni diverse. «L’ospitalità – ha rimarcato – appartiene alla tradizione delle comunità e delle famiglie cristiane. I nostri vecchi ci hanno insegnato con l’esempio che alla tavola di una casa cristiana c’è sempre un piatto di minestra per l’amico di passaggio o il bisognoso che bussa. E nei monasteri l’ospite è trattato con grande riguardo, come fosse Cristo. Non perdiamo, anzi, ravviviamo queste usanze che sanno di Vangelo».

Il viaggio di Paolo verso Roma può essere paragonato «al viaggio ecumenico diretto verso quell’unità che Dio ardentemente desidera» ha detto il Papa, invitando i cristiani a non farsi attrarre «dalle logiche mondane» ma a prestare attenzione ai «piccoli e ai poveri perché Dio ama mandare i suoi messaggi tramite loro». Ricordando che la priorità del Signore è «la salvezza di tutti», Bergoglio ha incitato le comunità a non rimanere chiuse in se stesse ma ad aprirsi «al bene di tutti, allo sguardo universale di Dio, che si è incarnato per abbracciare l’intero genere umano, ed è morto e risorto per la salvezza di tutti. Se, con la sua grazia, assimiliamo la sua visione, possiamo superare le nostre divisioni». Così, come nel brano degli Atti degli Apostoli i naufraghi si salvano grazie all’aiuto di tutto l’equipaggio, compresi i prigionieri, «anche tra i cristiani – ha concluso il Papa – ciascuna comunità ha un dono da offrire agli altri. Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato nel desiderio di avanzare verso l’approdo comune, più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni».

Nel suo breve intervento il cardinale Kurt Koch ha ricordato che «nel corso della storia anche la nave della Chiesa cristiana è stata esposta a grandi pericoli in alto mare e nelle varie divisioni ha fatto naufragio». I cristiani di oggi, ha concluso il porporato, devono affidarsi alla provvidenza divina e sperare che «prepari un paese come Malta dove potersi radunare in un clima di ospitalità per ritrovare l’unità». Alla celebrazione hanno partecipato anche gli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa cattolica, e i giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano nella Capitale con una borsa di studio del Comitato di collaborazione culturale con le Chiese ortodosse, operante presso il Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.

27 gennaio 2020