«Il vescovo, uomo che si dona senza risparmio»

A San Giovanni in Laterano l’ordinazione episcopale di monsignor Paolo Lojudice, che diventa ausiliare per il settore Sud, presieduta dal cardinale Vallini

A San Giovanni in Laterano l’ordinazione episcopale di monsignor Paolo Lojudice, che diventa ausiliare per il settore Sud, presieduta dal cardinale Vallini

Il vescovo è un uomo di fede che con umiltà sa stare vicino al popolo di Dio. Questo il profilo che il cardinale Vallini ha tratteggiato nella sua omelia, sabato 23 maggio, nel corso della celebrazione per l’ordinazione episcopale di monsignor Paolo Lojudice, eletto con il titolo di Alba Marittima il 6 marzo scorso, a pochi mesi dalla nomina a parroco di San Luca Evangelista, e nuovo ausiliare del settore Sud a seguito delle dimissioni, per raggiunti limiti di età, di monsignor Paolo Schiavon.

In una basilica lateranense gremita, alla vigilia della solennità di Pentecoste, «la Chiesa di Roma fa festa – ha esordito il vicario del Papa – per un nuovo successore degli apostoli». Poi, alla luce della Parola e analizzando in particolar modo la seconda lettura, il discorso di Mileto di San Paolo, ha delineato il «programma di vita di un vescovo». Tratto distintivo del suo agire, ha spiegato il porporato, deve essere l’umiltà nel servire Dio sia in condizioni favorevoli sia nelle insidie. «Il vescovo – ha evidenziato – non è un capo religioso dominante ma un uomo dalle fede robusta che si dona senza risparmio, con intensità» per stare vicino alla gente e «fare proprie le problematiche di coloro che non possono affrontarle da soli».

Deve quindi essere accanto agli ultimi e agli emarginati con pazienza e misericordia perchè «è la logica del dono ciò che lo contraddistingue e lo accredita – ha proseguito -: contro le logiche di profitto che rischiano di disumanizzare la società, il vescovo ha come riferimento la gratuità». E se la logica del dono è onorata lì dove la dignità stessa della persona è rispettata, ha spiegato ancora il cardinale Vallini, è necessario che il vescovo, con la sua testimonianza, «solleciti nel popolo un ripensamento sul modo di agire affinché si affermi la condivisione perché sono tante, nella nostra città, le persone che hanno bisogno di aiuto».

A queste persone monsignor Lojudice ha dedicato gran parte del suo operato non solo negli anni in cui ha guidato la parrocchia di Santa Maria Madre del Redentore, nella realtà difficile di Tor Bella Monaca, dal 1997 al 2005, ma anche impegnandosi a seguire alcuni campi rom con un gruppo di alunni del Seminario Romano Maggiore, dove è stato padre spirituale dal 2005 al 2014. Peculiare, quindi, l’attenzione ai poveri, che il nuovo vescovo ha evidenziato anche nella scelta del motto associato al suo stemma: “Mihi fecistis” (L’avete fatto a me), preso dal Vangelo di Matteo e linea guida del suo ministero. «Caro don Paolo, hai testimoniato in tanti modi – ha detto il cardinale Vallini – l’amore per i più deboli, ti auguro adesso di risanare ancora le sofferenze di molti».

Infine, il porporato ha evidenziato l’importanza della preghiera perché «il vescovo è l’intercessore che parla con Dio in favore del popolo – ha spiegato – e presenta a lui le ansie e le speranze di coloro che gli sono affidati». Quindi, la richiesta all’assemblea di pregare per il nuovo vescovo affidandolo a sua volta alla Madonna «affinché possa compiere la sua missione con serena letizia».

E in tanti erano presenti per “don Paolo”, perché sia nella comunità del Seminario Maggiore, sia nelle parrocchie dove è stato vicario prima e parroco poi, lo ricordano come «uno di noi», una persona buona che «anche se ci si perde di vista rimane nel cuore», hanno raccontato Velia e Loris, parrocchiani di Santa Maria del Buon Consiglio al Quadraro, la comunità che lo accolse come vicario parrocchiale appena divenuto sacerdote, dal 1989 al 1992. Quindi il trasferimento a San Vigilio, dove è rimasto fino al 1997.

Un abbraccio, quello dei fedeli, fatto di applausi calorosi e spontanei sia al momento dell’ordinazione, quando sul capo del nuovo vescovo è stata posta la mitra, sia quando, mentre il coro diretto da monsignor Frisina intonava il Te Deum, ha attraversato la navata per benedire i presenti.

Monsignor Lojudice, nel suo saluto, al termine della celebrazione, ha ringraziato tutte le comunità dove ha prestato servizio «perché mai mi hanno fatto sentire solo e oggi mi rendono sereno». Poi l’affidamento a due grandi icone: monsignor Romero, che nello stesso giorno veniva proclamato beato, «per avere sostenuto che la vicinanza ai poveri è la dottrina cardine della Chiesa», e don Tonino Bello «perché ha vissuto la sua missione di vescovo con preoccupazione ma anche con fiducia». Come Abramo, ha continuato il nuovo presule, «bisogna lasciare e andare. L’esperienza di fede è così. Non sai mai in anticipo come andrà ma una cosa è certa: che andrà bene».

25 maggio 2015