Il vescovo Sudar a Roma per la preghiera per la pace

Il presule, ausiliare di Sarajevo dal 1993 al 2019, interviene alla veglia nella basilica di San Giovanni con il cardinale De Donatis, nel primo anniversario della guerra in Ucraina, il 24 febbraio. Al termine, la sua testimonianza sugli anni del conflitto nei Balcani

«Sembra che l’uomo non impari  mai. Le lezioni negative sono così forti ma l’uomo, l’unico che ha il potere di pensare, non pensa. Non usa quel dono che Dio ha dato solo a lui e credo che Dio ci giudicherà per questo». Pero Sudar, classe 1951, vescovo cattolico croato con cittadinanza bosniaca, ausiliare di Sarajevo dal 1993 al 2019, guarda alla guerra tra Ucraina e Russia con gli occhi e con il cuore di chi la guerra l’ha vissuta sulla sua pelle, e ne porta i segni. O meglio, porta nel cuore le ferite e il dolore del popolo che ha accompagnato e custodito come pastore.

Ne parlerà questa sera, 24 febbraio, nella veglia di preghiera organizzata dalla diocesi di Roma per implorare il dono della pace, a un anno esatto dallo scoppio del conflitto. L’appuntamento è nella basilica di San Giovanni in Laterano alle 18. Quindi, al termine della preghiera sarà disponibile per incontrare chi lo desidera, raccontando il conflitto che, negli anni Novanta, insanguinò la ex Jugoslavia. Come già avvenuto, «anche questa guerra non risolve nessun problema ma aggiunge altri problemi. Purtroppo le guerre continuano a ripetersi. Sembra davvero che l’uomo non impari mai», prosegue.

Quando racconta, il vescovo parla della «nostra guerra», delle ferite di Sarajevo che «ancora sanguinano» e ricorda le «tante vite» date negli anni del conflitto. «Certamente ora non si spara più – afferma – ma le ostilità continuano in altri modi, vengono sfruttate dai politici per rimanere al potere. Creano un clima che spinge le persone, quantomeno chi può, ad andarsene. In tanti vanno via, soprattutto tra i giovani. E la nostra terra resta un deserto». Eppure, nelle sue parole c’è tutta la forza della pace, insieme alla fermezza radicata nella speranza certa che non delude, che ha il volto di un Padre. «Noi che abbiamo vissuto la guerra abbiamo il forte mandato di testimoniare che la guerra, ogni guerra, non porta vantaggio a nessuno – prosegue -. Nessuno ne esce più ricco, né materialmente né spiritualmente. Noi in particolare, che abbiamo vissuto la guerra, dovremmo essere convinti che la pace è l’unica strada, per esseri che pretendono di essere chiamati umani. La via da percorrere è quella della nonviolenza. Le altre sono strade senza uscita. Specie in questo tempo di armi atomiche».

Sudar ne è convinto: in Ucraina «sono in gioco cose molto più grandi di quelle che erano in campo nella nostra guerra. Si combattono due mondi, si combatte per l’influenza decisiva da una parte o dall’altra. Si “gioca” sulla possibilità di uno scontro mondiale e atomico». È anche per questo che questo conflitto è molto più avvertito dall’Occidente intero: «È la possibilità di vincere una volta per sempre». L’Ucraina certamente, riflette, «è vittima dell’aggressione imperialista della Russia» ma «lo è altrettanto di questo sottile gioco degli Stati Uniti. Un gioco spietato, direi, che punta a questa vittoria definitiva».

Eppure, nelle parole del vescovo emerito di Sarajevo c’è il segno dell’amore. E della speranza. «Bisogna avere compassione di questo popolo – esorta -, vittima di questi meccanismi. E bisogna impegnarsi per la pace. Altra via d’uscita non c’è. Non ci sarà vittoria, per nessuno. La Russia non si può vincere».

24 febbraio 2023