Il vescovo Ricciardi: pandemia, tempo di «orfanezza per tutti»

La Messa dalla chiesa di Santa Maria dei Miracoli, ultima in diretta su Rai1 senza fedeli. «Mondo assetato della Parola incarnata»

Adottando le dovute precauzioni imposte per contenere il rischio del contagio, dopo oltre due mesi i fedeli possono da oggi partecipare alle celebrazioni liturgiche «di cui abbiamo tutti desiderio e nostalgia». Lo ha ricordato monsignor Paolo Ricciardi, vescovo ausiliare delegato per la Pastorale sanitaria, che ieri, 17 maggio, sesta domenica di Pasqua, ha presieduto la Messa nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli a piazza del Popolo, tradizionalmente considerata la chiesa gemella della vicina Santa Maria in Montesanto.

La liturgia è stata l’ultima trasmessa in diretta su Rai1 senza popolo e il presule, ricordando anche che il 18 maggio ricorre il centenario della nascita di san Giovanni Paolo II, ha implorato l’intercessione del Papa polacco affinché  «spalanchiamo con gioia le nostre porte a Cristo e all’uomo per non chiuderle mai, non solo per far entrare, ma anche perché possiamo uscire a portare il Vangelo a tutti affinché il mondo non sia mai orfano di Dio».

Il senso di “orfanezza” riletto alla luce della pandemia da Covid-19 è stato al centro dell’omelia del vescovo Ricciardi, affiancato all’altare dal rettore di Santa Maria dei Miracoli, padre Mario Giussani, della Società del Sacro Cuore di Gesù di Bétharram. Questo periodo di pandemia è stato un tempo di «orfanezza per tutti», ha affermato rivolgendo il suo pensiero a tutti coloro che in queste settimane hanno perso un genitore a causa del coronavirus ma anche ai tanti che hanno creduto di essere rimasti orfani di Dio.

Ricciardi ha quindi rimarcato che Gesù durante il discorso di commiato rassicura i suoi discepoli e dice loro che non li lascerà orfani, «una parola colma di tenerezza che conquista il cuore – ha proseguito il presule -. Essere orfani è un’esperienza che in forme diverse tutti conoscono. L’orfano non è solo chi ha perso un genitore, ma si sente orfano anche chi ha perso un amico, un maestro, una persona a cui era legato o chi ha visto fallire un ideale, qualcosa o qualcuno che rappresenta una ragione di vita». Per questo l’emergenza sanitaria, con le sue innumerevoli conseguenze, ha innescato in molti «l’impressione di essere rimasti senza Dio».

Le parole di Cristo nel Vangelo di Giovanni sono la spinta per superare il senso dell’abbandono. «La promessa di Gesù – ha spiegato Ricciardi – trova in noi oggi un’attenzione particolare che ci fa uscire da una condizione di assenza e di vuoto». Cristo, infatti, promette ai suoi discepoli il dono dello Spirito Santo il quale conosce le sofferenze delle famiglie, dei malati, dei poveri in questo momento. «Se in questo tempo ci manca tanto l’abbraccio di un amico o di un parente – ha aggiunto il vescovo – quello dello Spirito non ci lascia mai soli».

Ha quindi spronato i cristiani a «gridare il Vangelo con la vita, con dolcezza e con rispetto» perché un cristianesimo vissuto senza gioia non è attraente e «non appassiona nessuno tanto meno i giovani che si innamorano di Cristo solo se avvertono una testimonianza vivace e gioiosa. I ragazzi si inseriscono in comunità dove avvertono l’aria di una famiglia, dove ci sono sacerdoti che come padri generano alla vita e dove trovano una Chiesa madre che dà fecondità».

L’uscita dal lockdown per Ricciardi deve essere l’occasione per regalare «un’immagine forte di una Chiesa che rende visibile l’invisibile, una Chiesa in uscita che non si perde in parole disincarnate perché il mondo è assetato della Parola incarnata, carica di tutto il dolore e della speranza di quest’ora».

18 maggio 2020