Il Venezuela come la Siria. In ginocchio

Una delegazione di Acs a Caracas. Monteduro: «Una crisi economica e sociale del tutto inedita che, temiamo, si trascinerà per lunghissimo tempo»

Scuole e attività commerciali chiuse in tutto il Venezuela ancora oggi, mercoledì 13 marzo, sesto giorno di blackout che coinvolge 23 dei 24 Stati del Paese, senza energia elettrica ormai dal 7 marzo. Il risultato: un Paese in ginocchio, con oltre 30 milioni di persone in stato di grave difficoltà. Il blackout infatti non ha fatto altro che esasperare la crisi economica, politica e sociale in atto nel Paese da diversi mesi a questa parte. Una crisi «più drammatica di quanto i numeri possano raccontare», riferisce Alessandro Monteduro, direttore di Aiuto alla Chiesa che soffre, in questi giorni in Venezuela con una delegazione per incontrare i vertici della Caritas locale: il cardinale presidente Baltazar Porras e Janeth Marquez, direttore esecutivo.

La situazione, spiega Monteduro, «non riguarda più solo i ceti sociali più poveri. Abbiamo incontrato
avvocati, medici, ingegneri con neonati e figli piccoli con gravissimi problemi di denutrizione. Il blackout di questi giorni, unito alla mancanza di acqua, sta ulteriormente fiaccando la resistenza di queste persone». Anche per le Ong «è difficile operare – prosegue il direttore di Acs Italia -. Siamo davanti a una crisi economica e sociale del tutto inedita che, temiamo, si trascinerà per lunghissimo
tempo». E «anche se non esplodono le bombe, come ci ha detto il cardinale Porras, gli effetti sono paragonabili a quanto accade in Siria».

Ancora da chiarire le cause che hanno condotto al blackout. Le fonti ufficiali parlano di un incendio tra la centrale idroelettrica che fornisce energia all’80% del Paese e le centrali di distribuzione. Devastanti le conseguenze: nel 99% del territorio nazionale, oltre all’elettricità, sono state interrotte la fornitura idrica, le comunicazioni e la vendita di carburante. Tutto ciò ha causato seri danni al già provato sistema sanitario: impossibile l’utilizzo delle apparecchiature mediche, con migliaia di malati lasciati senza terapia. I più a rischio: i bambini nei reparti di neonatologia e i pazienti in terapia intensiva. Ancora, in mancanza di cibo ed acqua, i venezuelani hanno iniziato a raccogliere e a bere le acque di scolo delle fogne a cielo aperto e a mangiare anche alimenti decomposti trovati nella spazzatura, con l’alta probabilità di contrarre gravi malattie. Limitato anche il traffico aereo, con la inevitabile paralisi della vita commerciale. Pochissime le partenze dall’aeroporto di Caracas ieri, 12 marzo, mentre compagnie quali Iberia ed Air France hanno cancellato i propri voli.

Esasperate le tensioni sociali. Almeno 11 i supermercati saccheggiati, con la popolazione ormai oltre ogni limite di sopportazione. Nelle buie notti venezuelane, riferisce la delegazione di Acs in visita nel Paese, «in molte città si può udire il “cacerolazo”, ovvero migliaia di pentole e coperchi sbattuti in segno di dissenso, accompagnato da slogan anti-Maduro».

13 marzo 2019