Il “valore mamma”, tra vita familiare e professione

Una riflessione a partire dal caso di cronaca della legale “costretta” a presenziare in aula nonostante un figlio ricoverato in ospedale. Le madri oggi hanno facoltà di scegliere?

Il caso di cronaca di qualche giorno fa che ha visto un legale, una mamma romana, penalizzata nell’ esercizio della propria professione in quanto chiamata ad espletare un compito ancora più importante (quello di assistere in ospedale il proprio bambino ricoverato), mi chiama, con forza, a esprimermi, sia come avvocato sia come presidente del Forum delle associazioni familiari del Lazio.

Nel Paese in cui si nasce sempre meno, dove si organizzano convegni, dibattiti, tavoli di lavoro interistituzionale e interdisciplinare, dove tutti concordano sull’emergenza demografica e sulla necessità di intervenire per favorire la maternità e la genitorialità, sembra un controsenso scontrarsi, invece, sul campo con problematiche burocratiche che sono sorde alle necessità concrete delle persone. La nutrita eco mediatica che ne è scaturita ha portato tutti noi a porci un veloce e forse superficiale interrogativo sulla necessità o meglio sull’opportunità di effettuare un bilanciamento di interessi tra il principio di difesa (degli imputati coinvolti nel giudizio) da un lato e la tutela della maternità e il diritto del bambino, dall’altro. Ma in questo caso, che posto occupa, nella considerazione generale, la condizione di madre e anche di libera professionista?

Alcuni commenti sui social hanno considerato più dettagliatamente la tipologia di professione di avvocato svolta da questa madre, e mentre diversi colleghi condividono la gravosità dell’impegno, altre persone invece considerano la possibilità e il dovere che aveva questa madre di «organizzarsi anticipatamente» ( non essendo una dipendente pubblica , che in questo caso sarebbe stata legislativamente più tutelata) e di delegare a un familiare o a una babysitter il compito di accudimento del bambino, ma non è questo il punto. Come mamma, avvocato e come rappresentante regionale di un ente familiare del terzo settore, ritengo che, al di là di disquisizioni giuridiche sulla preminenza di un interesse rispetto a un altro, al di là di divergenze di opinioni (sembra che oggi, soprattutto sui social, con un’aggressività mediatica ingiustificata, tutti siano più bravi degli altri a dirti cosa è giusto o sbagliato fare) si debba invece focalizzare l’attenzione sul valore che oggi vogliamo attribuire alle madri.

In realtà, il “valore mamma” non può essere messo in discussione, né può essere negato o sminuito, o tanto meno dimezzato mediante un generale richiamo alla condivisione dei ruoli e all’esercizio della paternità (su questo punto si aprirebbe un confronto importantissimo anche sulla necessità di garantire giuridicamente un esercizio effettivo di questo diritto), ma può essere ancora una volta osservato da un diverso punto di vista: dal diritto delle madri ad avere la libertà di scelta. Nel caso di specie, questa madre aveva la facoltà di scegliere di non presenziare all’udienza e restare accanto a suo figlio, in ospedale? Le madri, hanno, oggi, la facoltà di scegliere di realizzarsi come madri senza perdere allo stesso tempo la chance di crescere professionalmente?

Domanda retorica, visto che oggi le donne, per scelta o per obbligo, mettono al mondo figli in tarda età e tutto ciò con forti ripercussioni nei vari ambiti (economico, sanitario, ecc….) della nostra società. E allora, evidentemente la strada è ancora lunga prima di affermare che esiste una libertà di scelta per le mamme di oggi. (*presidente Forum associazioni familiari Lazio)

18 aprile 2023