Il tempo di seminare la speranza

Ora è il momento di un lungo mattino di preparazione interiore. Tempo di cura dell’interiorità propria e altrui e di attesa della nuova fioritura

Sento le campane della nostra chiesa invitare al raccoglimento e alla preghiera. Siamo uniti nella “comunione” di fede che anticipa ogni celebrazione e si completa nell’esperienza dell’Eucaristia. Proprio il Vangelo meditato domenica 15 marzo (Gesù e la Samaritana) ci ha ricordato che non è il luogo fisico, formalmente “religioso”, a qualificare l’incontro con Dio, poiché i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. E allora questo tempo di “ritiro”, reso doveroso dalle circostanze attuali, possiamo interpretarlo e finalizzarlo non solo all’attenzione necessaria per la buona salute, nostra e degli altri, ma anche alla cura dell’interiorità propria e altrui. Le forme possibili sono tante. Io benedico la tecnologia e la cultura scientifica che ci mettono a disposizione tanti mezzi per comunicare, anche con forme leggere, che alleviano con un sorriso la fatica dell’isolamento.

La chiesa in cui vivo è “integralmente” colma di silenzio, favorito dalla quiete esterna della piazza, dall’assenza di voci, suoni, rumori. Pur avendo le porte chiuse, non si avverte “la chiusura”. È come nelle prime ore del mattino, quando in chiesa l’aria è sospesa, lo spazio vuoto in tensione, l’attesa palpabile. Ora è il momento di un lungo mattino di interiore preparazione, nel silenzio tutt’altro che irreale, perché allusivo a “presenze nascoste” (percepite dall’anima), coerente col “nascondimento” che viviamo in questi giorni. Nella calma, nel cambiamento di ritmo di vita, il senso di necessità è alleviato. Prevale il richiamo di Gesù a Marta (Luca 10): tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di
una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta.

La “parte migliore” … Maria, seduta ai piedi, ascoltava … Anche noi, là dove siamo, ma ai piedi del Signore, ascoltiamo, confrontiamoci con Lui, presentiamo la nostra accorata intercessione per quanti sono in difficoltà, per gli ammalati, per coloro che sono in pericolo di vita, per i morenti e per chi è nel lutto a motivo della perdita di persone care. E con la forza d’animo sosteniamo tutti coloro che sono impegnati nelle attività mediche, infermieristiche, nella ricerca biomedica, nei servizi di prima necessità e nella sicurezza: la loro competenza e dedizione siano un “sacramento” del Redentore dei corpi e delle anime. Ora più che mai sperimentiamo il senso di appartenenza e di interdipendenza gli uni dagli altri. Da questo terreno di umanissima solidarietà la vita risorge.

Domenica 15 marzo Papa Francesco con il suo gesto – il pellegrinaggio orante da Santa Maria Maggiore al Crocifisso in San Marcello al Corso – mi ha fatto pensare alla “seminagione della speranza”. L’immagine del Papa che percorre via del Corso deserta mi ha evocato quella del seminatore che procede lungo il solco arato, vuoto e silente, depositando con fiducia, passo dopo passo, il seme per una nuova vita. Questo è il tempo della semina, non della paura. È il tempo di deporre il seme dello Spirito, “nasconderlo” fiduciosamente nella zolla oscura del momento e disporsi alla nuova fioritura, in cielo e in terra, con passione, entusiasmo, fiducia e saggezza. (Vincenzo D’Adamo, rettore di Sant’Ignazio di Loyola)

23 marzo 2020