Il tempo come opportunità, una sfida per l’educazione

Importante reinvestire sul valore degli incontri, delle parole pesate, degli sguardi. Testimoniando ai giovani che la vita è esperienza da abitare

Siamo tempo, abbiamo tempo e viviamo nel tempo. Il concetto è molto esteso, complesso e multiforme. Sta a noi decidere quale tipo di tempo vogliamo abitare e a quale vogliamo educare le nuove generazioni. Esiste un tempo “chronos” quantificabile, molto spesso scandito in termini di efficacia ed efficienza immersi in un ritmo incalzante che ci spinge alla prestazione, ad accumulare esperienze, a bruciare attimi di vita divorando l’esistenza senza effettivamente abitarla. Esiste invece un tempo “kairòs” che è quello del momento opportuno, della scelta, dell’assumersi la responsabilità della vita, di indirizzarla secondo progetti, sogni e desideri. A quale dimensione ci affidiamo quando educhiamo i nostri giovani, quando presentiamo loro un oggi da contrassegnare dalle loro scelte, dalla scoperta delle loro risorse, dalla valorizzazione delle loro ricchezze? Il tempo è crisi e opportunità. In una fase storica come l’attuale in cui la cronologia dei minuti, delle ore e dei giorni è scandita dalla paura, dal timore dei contagi, da divieti posti a difesa che chiudono spesso la possibilità di vivere relazioni di vicinanza, la sfida è valutare il “fuori tempo” ovvero individuare quei momenti in cui ci si sente a disagio nelle proprie scelte, in cui sembra di vivere una vita parallela priva di senso e significato.

La sfida è reinvestire sul valore degli incontri, delle parole non sprecate ma pesate, degli sguardi che comunicano la gioia di starsi accanto anche dietro una mascherina, dello scommettere sul futuro nonostante numeri e statistiche. La crisi diventa opportunità di scelta da che parte stare: se dal lato di uno scorrere matematico dei minuti o della valorizzazione del qui e ora, del presente come trampolino di lancio per un futuro da costruire. È il tempo di educare al viaggio, al mettersi in cammino verso strade non tracciate alla scoperta di nuovi orizzonti perché la vita non sia un tour organizzato e scandito dalla serialità, dal mordi e fuggi, ma sia progetto, esperienza da abitare, strade da percorrere con il coraggio di aprirsi alla novità, alla costruzione di qualcosa di inedito, all’impegno di rendere questo cammino luogo di consapevolezza e di scelta. Siamo abituati alle serie tv da consumare in una giornata chiusi dentro le nostre case a danno degli incontri reali, dello scambiarsi un’occhiata, di dirsi parole, di donarsi presenza.

Dobbiamo riscoprire l’educazione al tempo dell’attesa che colora ogni incontro e ogni esperienza, il tempo di un futuro da costruire nell’oggi, il tempo di fermarsi senza paura di perdere qualcosa ma per riflettere sulla profondità di cosa stiamo vivendo. Le nuove generazioni hanno bisogno che gli venga restituito un tempo di qualità attraverso la testimonianza di chi, prima di loro, ha vissuto spazi diversi e ha scoperto il valore di istanti più lenti, forse anche a volte noiosi ma ricchi di una noia produttiva in cui il fermarsi era sinonimo di costruire il passo successivo, meditarlo, vederlo possibile e impegnarsi a realizzarlo. Vecchie e nuove generazioni a confronto con tempi di cammino differenti, un incedere più lento degli anziani ma pieno di saggezza e un correre dei giovani presi dalla voglia di vivere tutto velocemente con il rischio, a volte, di bruciare le esperienze. Dobbiamo educarci al tempo della calma, alla paura anche di fermarsi per confrontarci profondamente con noi stessi, con i nostri valori, i nostri pensieri, le nostre aspettative. Un tempo di discesa nell’intimo nel quale scoprire e insegnare a essere veramente la cifra della propria voce e non una voce tra tante. Un tempo di libertà da meccanismi che stritolano il vivere quotidiano, lo stringono alla ricerca della prestazione, lo soffocano nel perfezionismo e nell’efficientismo senza il quale non ci si sente di valere.

Occorre passare dal tempo libero al tempo liberato. Liberato dalla velocità, dalla frenesia del muoversi, dal lasciarsi vivere, dalla non progettualità a favore di una omologazione al pensiero dominante, dal perdere il protagonismo della propria vita e la responsabilità del proprio cammino. È il tempo dell’originalità, di educare i giovani a non essere di “seconda mano” ma nuovi, in movimento in sempre nuova determinazione e costruzione, del cercare la propria forma, la propria risposta alle istanze della vita scritta in prima persona e non mutuata dal personaggio di turno, vincente quanto passeggero. È il tempo della profezia intesa come possibilità di aprire nuove strade, alzare nuove voci, essere portatori di nuove idee, di valori importanti, di scambio di esperienze gratuite e gratificanti. È il tempo del presente in cui converge l’esperienza delle generazioni precedenti ricche di saggezza e sapienza che invita ad assimilare il passato e integrarlo con le energie nuove in cui il passaggio del testimone apra a nuove possibilità e prenda per mano l’anziano come ricchezza e risorsa per il cammino regalandogli ancora ragione e senso del vivere. È il tempo della sfida contro ogni stanchezza, contro ogni demotivazione, di ascoltare le nuove generazioni che scendono nelle piazze per un futuro migliore e riappropriarsi di ciò che spesso, con scelte azzardate e non lungimiranti, gli è stato tolto. Se non si leva l’ancora non si può salpare, se non si lasciano vecchie strutture nostalgiche, salvando quanto di buono il passato ci ha consegnato, non ci si apre al presente, ciechi davanti alle bellezze presenti che pur ci sono e vanno scoperte e riscoperte. Occorre abbandonare il tempo “droga” in cui non basta mai ciò che si raggiunge, in cui non si è e non si ha mai abbastanza, in cui non si riesce a godere perché spinti sempre verso nuovi obiettivi.

È vero che viviamo un tempo precario ma la precarietà oltre a essere una realtà diventa luogo di ricerca di nuovi equilibri, di nuove relazioni imparando una flessibilità che ci allontani dalla rigidità di menti chiuse condizionate da giudizi e pregiudizi. La precarietà diventa luogo e tempo di sfida, luogo di maledizione ma anche di benedizione perché viene a scardinare un quieto vivere per lanciarci nel mare della scoperta e della progettualità.  È il tempo oggi di guarire dall’ansia, dal buttarci sempre oltre non contenti di ciò che si è, non appagati di ciò che si sta realizzando mentre il tempo ci vive dentro, ci consuma in un futuro che toglie gusto al presente e ci spinge a bruciare le tappe senza effettivamente viverle e sentirne il sapore. La vita non è un mezzo per arrivare a un altro posto con l’orologio in mano, in debito di aria, di respiro, di benessere. La vita è esperienza da abitare, il cammino è già la meta, il mettersi in viaggio è già obiettivo. È tutto questo che dobbiamo riscoprire e donare ai nostri giovani in un tempo di relazioni autentiche. (Alessandra Bialetti, consulente della coppia e della famiglia)

28 gennaio 2022