“Il sospetto”, thriller e opera teatrale

Ristampato da Adelphi, nella traduzione di Margherita Belardetti, uno dei capolavori dello scrittore, che vuole spacciarsi per thriller ma somiglia a tratti a un’opera teatrale

«Il mondo non è nelle nostre mani, nemmeno nelle mani di un potente o di un popolo e in quelle del diavolo, che pure è potentissimo, bensì nelle mani di Dio, che prende da solo le sue decisioni. Noi possiamo essere d’aiuto soltanto in singoli casi, non in generale, è il limite del povero ebreo Gulliver, è il limite di tutti gli uomini. Dunque non dobbiamo cercare di salvare il mondo, ma di resistere, l’unica vera avventura che ancora ci resti in quest’epoca tarda». A parlare così è il giustiziere del mostro in Il sospetto (1953), uno dei capolavori di Friedrich Dürrenmatt, da poco ristampato da Adelphi nella traduzione di Margherita Belardetti.

Ritroviamo in questo breve romanzo che vuole spacciarsi per thriller, anche se a tratti assomiglia piuttosto a un’opera teatrale, il buon vecchio commissario Hans Bärlach, già protagonista del Giudice e il suo boia (1951), oltre che controfigura del successivo investigatore Matthäi, al centro di La promessa (1958). Il poliziotto in via di pensionamento che, nonostante tutto gli remi contro, non vuole arrendersi al male umano. E così quando, ricoverato in una clinica di Berna, sfogliando alcuni numeri della rivista americana “Life”, vede una foto in cui un chirurgo nazista, medico del lager di Stutthof, nei dintorni di Danzica, sta operando all’addome senza anestesia uno sventurato paziente, non riesce a trattenere lo sgomento. «Erano bestie, Samuel», esclama rivolto al dottor Hungertobel che in quel momento lo sta avendo in cura. Appena quest’ultimo gli rivela che il chirurgo ritratto nell’immagine assomiglia in modo impressionante a un suo compagno di studi, il quale però sembra essere emigrato in Cile prima della guerra, Bärlach sente nascere dentro di sé, insieme al sospetto che il carnefice possa invece essere ancora vivo, l’antica energia investigativa: allo stesso tempo strumento di verità e di menzogna, dal momento che le risultanze processuali non corrispondono mai alla sostanza profonda dei fatti.

Difficile quindi per Bärlach sottrarsi alla sensazione di fare la guardia a una tragica farsa. In questo libro tuttavia il colpevole verrà scovato, ma a quale prezzo! La drammatica confessione della dottoressa Marlok, amante ebrea del torturatore sadico e omicida, pronta a rinnegare i propri ideali politici e sociali pur di sopravvivere, resta negli occhi del lettore come una testimonianza estrema dell’abisso capitale in cui possono precipitare gli esseri della nostra specie. Aggrappiamoci allora fiduciosi al buon vecchio Bärlach, disposto addirittura a farsi ricoverare nella clinica del malfattore, allo scopo di stanarlo, sapendo che oggi i mulini a vento contro cui si lancia Don Chisciotte non sono più fantasmi psichici: «È questo il nostro compito: combattere la disumanità in ogni forma e in ogni circostanza. Ma è importante come combattiamo, e che lo facciamo anche con un po’ di accortezza».

5 luglio 2022