Il Sinodo sui giovani, social e condiviso

Foto, video e post sull’andamento dei lavori diffusi via Facebook, Instagram e Twitter dalla Segreteria ma anche da tante realtà virtuali collegate. Resta qualche domanda sui contenuti e sul modo di presentarli

Una delle peculiarità del Sinodo sui giovani è senza dubbio quella di essere “social”. Presentando la riunione presinodale di marzo, una giovane focolarina del Burundi, Stella Marillene Nishimwe, aveva affermato che «i social network sono il nostro modo di vivere e quindi è importantissimo che la Chiesa comunichi con i giovani attraverso questi media, nei quali riescono a esprimere il meglio di se stessi». La riunione aveva visto la partecipazione di 300 ragazzi fisicamente presenti a Roma e l’interazione di migliaia di giovani di tutti i continenti attraverso Facebook, Instagram, Twitter.

La tendenza ovviamente è confermata e i tre social della Segreteria continuano a condividere foto, video e post sull’andamento dei lavori. Molto allegro, ad esempio, il video che mostra i vescovi e i giovani latinoamericani che donano al Papa la coloratissima croce della pastorale giovanile del continente e lo invitano a indossarla. Non mancano le spiegazioni per evitare qualsiasi malinteso: nessun riferimento a “movimenti arcobaleno” ma semplicemente ogni colore corrisponde a una regione del Sud America.
Del resto, anche monsignor David Tencer, cappuccino slovacco, dal 2015 vescovo di Reykjavik, aveva detto in uno degli ultimi briefing che in aula si è parlato del «ruolo del mondo digitale. Vengo dall’Islanda: senza il mondo digitale noi saremmo persi». Il vescovo, che ha avuto una parrocchia estesa per 700 chilometri, ha spiegato di essere stato uno dei primi «a organizzare una catechesi via skype». Ormai video e immagini sono fondamentali per dialogare con i giovani. E devono essere accattivanti: la necessità di un linguaggio nuovo è stata più volte ribadita in queste prime settimane di lavoro.

Ma il mondo social intorno al Sinodo non è solo quello “ufficiale”. C’è un’autentica galassia di realtà virtuali collegate, in cui è possibile trovare racconti e contributi. Come quello della diocesi di Treviso: sull’account Facebook è postato il link della testimonianza di un giovane che ha percorso in bicicletta la via Francigena da Siena a Roma con un amico, condividendo esperienze e motivazioni con altri pellegrini. Oppure la lettera aperta ai vescovi, rilanciata da più parti, di una giovane sposa, Sara Manzardo, sull’account di Corxiii, in cui chiede coraggio sui temi della morale: «Non ce ne facciamo niente degli sconti sulla castità prematrimoniale: c’è già un mondo intero che ci dà il permesso di vivere in qualsiasi modo la nostra sessualità, noi dalla Chiesa ci aspettiamo dei motivi validi credibili e vincenti per comprendere e scegliere una sessualità diversa, che sa attendere, che sa scegliere, che sa portare frutto. Non ci allontaniamo dalla Chiesa perché ci impedisce di fare sesso prima del matrimonio» ma «perché nella Chiesa non troviamo niente di diverso da quello che ci dicono fuori, niente di più emozionante, niente per cui valga la pena vivere e morire». C’è poi lo strumento delle chat, come Whatsapp, utilizzato in modo più “privato” tra gruppi. L’ha raccontato Federica Ancona, uditrice di Nuovi Orizzonti, al Sir: «”Raga, ho l’intervento davanti al Papa… pregate a palla!”. Così ho scritto nella chat che unisce la Comunità al di là delle distanze. Sentivo essere un momento speciale, unico e che non capita tutti i giorni. Che emozione pazzesca! Non pensavo di agitarmi così tanto».

Tuttavia, c’è ancora molto da fare. I numeri, infatti, non dicono tutto ma qualcosa dicono. E allora se intorno a un evento planetario gli account social di #Synod2018 registrano un seguito di circa 23.500 persone su Facebook, 7.600 su Twitter e 6.700 su Instagram, qualche domanda è opportuna sui contenuti condivisi e sul modo di presentarli. Non si tratta di proporre una semplice vetrina: i giovani evidentemente non vogliono essere semplici spettatori ma conoscere quello che sta accadendo ed esserne pienamente partecipi. Altrimenti continueranno a rimanere estranei a un processo di cui invece devono essere assoluti protagonisti, come chiede il Papa.

18 ottobre 2018