Il saluto dell’Eur ad Alessandro Parini, vittima del terrorismo a Tel Aviv

Le esequie del giovane avvocato, ex allievo del Massimo, celebrate nella basilica dei Santi Pietro e Paolo. Padre Nevola: «Ci è stato strappato via da un crimine orribile, purtroppo diffuso in tutto il mondo, così come la terza guerra mondiale a pezzi denunciata dal Papa»

La basilica dei Santi Pietro e Paolo gremita di persone, immerse in un silenzio assoluto. Familiari, parenti, amici e parrocchiani – presente anche il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri – hanno dato ieri, 13 aprile, l’ultimo e commosso saluto ad Alessandro Parini, morto nell’attentato del 7 aprile scorso in Israele, sul lungomare di Tel Aviv, dove un’auto ha falciato la vita del 35enne avvocato romano. Una commozione che si è sciolta in un lungo applauso, abbracci e alcuni palloncini bianchi fatti volare in cielo, soltanto a fine celebrazione, quando il feretro ha lasciato la chiesa.

Avvocato amministrativista già di successo, ex allievo del vicino Istituto Massimiliano Massimo, sempre nel quartiere Eur, dove Alessandro viveva, lui – come la famiglia – era ben conosciuto in parrocchia. E la famiglia ha chiesto, in particolare durante le esequie, discrezione e delicatezza alle molte telecamere presenti, per rispettare il momento di raccoglimento. «Un momento non solo di cordoglio per amici e parenti – ha spiegato ai presenti il parroco, padre Nicola Scarratino – ma che deve servire per rasserenare tutti noi. L’invito che faccio a tutti è di preghiera per Alessandro e per mettere da parte, nonostante sia difficile, le lacrime e il dispiacere».

A tenere l’omelia, padre Massimo Nevola, sacerdote gesuita, amico e professore della vittima dell’attentato e assistente ecclesiastico della Lega missionaria degli studenti (Lms), di cui Alessandro fece parte proprio ai tempi del liceo classico all’Istituto Massimo. «Alessandro – ha detto, senza nascondere l’emozione – ci è stato strappato via da un crimine orribile come quello del terrorismo, purtroppo diffuso in tutto il mondo, così come diffusa è la terza guerra mondiale a pezzi, tanto spesso denunciata da Papa Francesco, di cui Alessandro è una delle vittime». Per questo «siamo oggi tristi e turbati come i discepoli nel cenacolo, come nel Vangelo che abbiamo ascoltato». Ma più forte della morte, ha spiegato, sono le beatitudini «che ci ha insegnato Cristo, in particolare quella relativa ai puri di cuore, come lo era Alessandro». Non è infatti «inviando armi e sparando che si costruisce la pace».

Di Alessandro padre Nevola ha ricordato la personalità, «brillante e generosa», l’impegno nella professione ma anche nel servizio agli altri, la capacità di essere felice e quella di essere «un vero e autentico amico». Lo hanno confermato le parole commesse di alcuni amici e colleghi, intervenuti al termine della celebrazione. Tra questi Chiara, una delle persone a lui più legate. «Per 25 anni abbiamo camminato insieme, abbiamo condiviso gioie e dolori, avventure e delusioni – ha detto -. Sei stato e sarai sempre l’uomo più importante della mia vita». Chiara ha ricordato i viaggi insieme, la versione di greco copiata alla maturità, i «piatti da chef» e il corso di sommelier. «Vivi nel mio cuore, che è sempre stato tuo, dal primo giorno che ti ho visto», le sue parole.

Il gesuita ha ricordato che «dopo la Pasqua non possiamo indossare i paramenti viola del lutto» e questo forse è un segno. «Per darci conforto – ha spiegato – e la forza per andare avanti, perché tutti noi vorremmo ora solo il silenzio. Siamo e saremo assaliti da paura e dubbi – ha aggiunto – ma dobbiamo imparare e trovare Alessandro nelle cose belle, anche se ora è difficile vederle, e ci riusciremo solo se ci sforziamo ad amare. La morte non è mai l’ultima parola».

14 aprile 2023