Il primo Consiglio pastorale diocesano

Maggio 1982, monsignor Elio Venier illustra su Roma Sette la novità per la Chiesa di Roma, nel solco del Concilio

È, oggi, la vigilia d’una settimana importante per la nostra diocesi, intorno alla quale si è notato un risveglio d’idee e di aspirazioni, cui non era tanto adusa la tradizionale filosofia dei romani: quelle, agitate da un magistrale convegno ecclesiale del 16, 23, 30 gennaio 1982; queste, suscitate da una periodica, capillare, dibattuta presa di coscienza ambientale, da cui è nata la possibilità d’una presentazione – dopodomani, martedì 25 maggio – del primo Consiglio pastorale diocesano. è nata cioè non una semplice curiosità o un’attesa di «comunque finirla»; ma l’autentica comprensione d’un passo fondamentale nella identità e nella crescita della Chiesa locale; una coscienza del vuoto da colmare; una sincera volontà (quasi una pacifica e civile «lotta», in certi casi) di parteciparvi.

Ricordo con quanta solerzia e quanta fiducia, centinaia di laici, tra i più impegnati e coraggiosi delle nostre realtà ecclesiali (parrocchie, istituti religiosi, movimenti) si sono presentati all’Università Urbaniana, per seguire l’ultima seminagione dei tre Ecc.mi Vescovi (Mons. Vicegerente, Mons. Plotti e Mons. Riva) in vista dell’ormai prossima primavera: il richiamo dogmatico dell’appartenenza al Popolo di Dio, con le sue prerogative di conformità alla missione del Cristo; i criteri di una scelta che fosse insieme rappresentativa, consultiva, operativa d’una partecipazione a tutti gli effetti; il volto d’una Chiesa come quella romana, che è stata sempre tipica e spesso esemplare di personaggi, ad ogni livello promozionale, che hanno espresso il miracolo di una fede vissuta.

Poi, il fiume delle illuminazioni teoriche, è sciamato in rivoli, attenti e promettenti, di riflessioni locali: ogni settore, ogni prefettura, ogni istituto, maschile e femminile, ogni associazione, ogni movimento (soprattutto attraverso la Consulta) che si sentivano chiamati ad un «ecce Adsum» profetico in seno alla Chiesa, hanno presentato – con una lodevole risposta di base – i propri candidati. Una settimana saranno gli eletti, che verranno proclamati, martedì pomeriggio, dal Cardinale Vicario. Ed ad essi verranno proposti – col crisma d’una solenne Eucaristia che tutti accomuna nell’unità d’una comunione in atto, col Divino Capo della Chiesa – i punti nodali di quel piano organico che ha stimolato il cammino ecclesiale di questo ultimo decennio. Potrebbe essere quelli che il Card. Poletti è andato premendo con continua accelerazione nella sua «trilogia» (cfr. Una diocesi in cammino, pag. 55 ess.). Ma saranno anche quelli che il relatore del prossimo incontro con il presbiterio romano (domani mattina, lunedì 24 maggio), Mons. Plotti andrà sviluppando, alla ricerca dei «segni espressivi di comunione», riscontrati nella comunità diocesana durante quest’anno pastorale.

All’Ausiliare del settore-nord non mancherà spazio per collocarvi ciò che è successo in questa Roma del post-concilio: come, ad onta delle difficoltà, secolari e contemporanee, che hanno devastato il ruolo e il mito della Roma, capitale del Regno di Dio, una vita in crescendo ci sta compiendo la sua, d’altronde indistruttibile generazione di una comunità «autentica, operante, evangelizzante» secondo le più sagge indicazioni del Concilio; e come nell’arco delle varie «pastorali d’ambiente» si vada delineando un comune impegno di risposta ai più pressanti richiami della Città.

Il compito che con il nuovo Consiglio pastorale, la comunità diocesana si assume, è forse molto, se non tutto, da scoprire: nella sua identificazione, nelle modalità, nelle scelte; non sarà facile discernere i limiti fra istanze attendibili e mode ricorrenti, spesso fagocitanti. Ma una presenza di Chiesa – la presenza di chi vuol ricostruire, secondo le tesi e la prassi evangeliche, un mondo, la cui scomparsa ha ripristinato il segno della barbarie – urge come non mai: sono i fatti, se non le strategie dai vari nomi, che la reclamano.

Come potrà inserirsi il nuovo Consiglio pastorale? A quale titolo? Con quale peso? Nei documenti che hanno servito di base ai nostri maestri di ristrutturazione ecclesiale, non vedo quasi mai menzionata un’ampia istruzione post-conciliare (del 22 febbraio 1973) della S.C. per i Vescovi, dal bellissimo titolo; Ecclesiae imago; cioè come si presenta la nuova immagine della Chiesa, sognata e sanzionata dal Vaticano 2°, offerta come un «vademecum» alla meditazione dei vescovi, non quali personalità gerarchiche, «ma come pastori impegnati nel quotidiano esercizio della cura d’anime» (cfr. introduzione). Vi si parla, naturalmente, degli organismi di partecipazione.

Il Consiglio pastorale (n. 204) è visto nelle sue coordinate essenziali. La sua composizione: «È scelta con speciale cura dal Vescovo»; ha voce soltanto consultiva, ma le sue indicazioni saranno tenute in gran conto dal Vescovo «perché costituiscono una responsabile collaborazione della comunità ecclesiale al suo ufficio apostolico»; avrà il compito di «esaminare tutto ciò che si riferisce alle opere pastorali diocesane e trarne conclusioni pratiche»; finalità: promuovere «la conformità della vita e dell’attività del Popolo di Dio con il Vangelo»; mezzi di collaborazione: lo studio e la riflessione – magari servendosi dell’aiuto di quegli istituti od uffici che lavorano a tale scopo («come l’ufficio socio-religioso, l’ufficio degli strumenti della comunicazione sociale, ecc.») – sia per predisporre il piano pastorale in modo organico, sia per eseguirlo efficacemente.

Sono annotazioni ben precise che giustificano l’atmosfera di buon traguardo, che avvolge l’attesa di queste giornate. Partecipare alla crescita della propria Chiesa, offrire la propria esperienza per conoscere e, possibilmente, risolvere i suoi problemi, sentirsi non generici e anonimi prestatori di mano d’opera, ma selezionati e chiamati ad una qualificata collocazione all’interno e a beneficio della comunità diocesana: è un titolo di appartenenza che non può non entusiasmare chi è abituato ad ascoltare e ad accogliere le suggestioni dello Spirito. Ed è alla luce di questo «Spirito» che ogni collaborazione si dimostrerà benedetta. (Elio Venier)

23 maggio 1982