“Il pensionato”, la canzone di Guccini che piace a Zuppi

Il cantautore ha compiuto 80 anni. La forza delle immagini dell’ultima traccia dell’album “Via Paolo Fabbri, 43”, datato 1976

Francesco Guccini ha compiuto 80 anni. Tanti lo hanno ricordato, e tra questi l’arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi, già parroco e vescovo ausiliare a Roma, sulle pagine dell’Osservatore Romano, con un omaggio ai suoi testi e la riconoscenza per un’amicizia cominciata con un viaggio comune ad Auschwitz in visita con gruppi di studenti.

«Quando arrivai a Bologna – scrive Zuppi in una lettera a Guccini – mi chiesero, tra le tue canzoni, quella che preferivo, domanda imbarazzante e quindi risposta necessariamente parziale. Dissi: “Il pensionato” pensando al testo che tradiva tanta sensibilità verso la storia di un uomo altrimenti insignificante. Mi avevano colpito parole come il “piacere assurdo” per “la sua antica cortesia” che nel giovanilismo imperante, quando “a vent’anni si è stupidi davvero”, non trova certo attenzione e rispetto. Stabilivi un parallelo tra la nostra solitudine e la sua, come con quel frate di cui non sapevi “se fosse lui il disperato o il disperato son io”. In realtà tutti noi non abbiamo ancora capito, con la nostra cultura fasulla, dove sia la risposta. Ancora oggi, dopo tanti anni, accade ancora che “Ascolto e non capisco e, tutto attorno, mi stupisce la vita, com’ è fatta e come uno la gestisce e i mille modi e i tempi, poi le possibilità, le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessità”».

Sono appunto le parole della canzone, non certo tra le più famose, ma tra le tante che indicano la grande capacità narrativa del cantautore emiliano e la sua straordinaria abilità nel descrivere i dettagli di vite e ambienti. Come in questo brano dedicato al pensionato, di nome Mignani, come rivelò lo stesso autore: era un suo vicino di casa a Bologna. «Un amico prezioso che si alzava quando andavo a letto e andava a letto quando io uscivo, pareva quasi vivesse un presente assurdo, fatto di passato (antiche cortesie e vecchi odori, riti quotidiani e lampadine fioche, minestre riscaldate e tic-tac di sveglia che enfatizzava ogni secondo) e di futuro: la paura del domani, il presentimento che di lui sarebbe rimasta “soltanto un’impressione che ricorderemo appena”».

Invece si può dire che quell’impressione, grazie alla forza delle immagini di Guccini, resiste ancora al tempo, dopo quasi 45 anni dalla sua creazione, da quel 1976 in cui “Il pensionato” fu inserita come ultima traccia nell’album “Via Paolo Fabbri, 43”, tra i lavori più importanti della sua immensa discografia (con quel titolo ispirato alla sua residenza nel capoluogo emiliano). Resta nel cuore un efficace ritratto di un escluso, il cui senso di precarietà fa venire in mente tante persone oggi vittime della “cultura dello scarto”.

15 giugno 2020