Il passaggio del testimone

Vita consacrata e Misericordia: due Anni straordinari che si rilanciano come atleti in una staffetta. Al centro, il Vangelo che abbiamo ricevuto

Vita consacrata e Misericordia: due Anni straordinari che si rilanciano come atleti in una staffetta. Al centro, il Vangelo che abbiamo ricevuto

Con grande sorpresa e riconoscenza siamo stati raggiunti dall’annuncio del Santo Padre Francesco dell’apertura, nella prossima Solennità della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, del Giubileo Straordinario della Misericordia. Anno Santo che ci aiuterà a «fissare lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno dell’agire del Padre». Impossibile non notare la sovrapposizione degli eventi: 8 dicembre 2015 apertura dell’Anno della Misericordia, 2 febbraio 2016 chiusura dell’Anno della Vita Consacrata. Sovrapposizione che sembra una benedizione e insieme un’occasione di riflessione su quanto la vita consacrata sia testimonianza e presenza della Misericordia del Padre. «Lo vogliamo vivere – ci dice il Papa – alla luce della Parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre”» (Francesco, 24ore per il Signore, Celebrazione Penitenziale, venerdì 13 marzo 2015, basilica di san Pietro).

Tutta la vita cristiana è chiamata a essere annuncio di questo grande amore di Dio che si rivela nel volto di Cristo: «Con lo sguardo fisso su Gesù e il suo volto misericordioso possiamo cogliere l’amore della SS. Trinità. La missione che Gesù ha ricevuto dal Padre è stata quella di rivelare il mistero dell’amore divino nella sua pienezza» (Francesco, Misericordiae Vultus, 8). È a Gesù che vogliamo andare, metterci ai suoi piedi per ascoltare la Parola che ci rivela la Salvezza (Mc 3,14) stare con Lui per godere della parte migliore (Lc 10,42) a Lui accompagnare, condurre nella fatica e nella grazia della preghiera e dell’apostolato, gli uomini e le donne che camminano al nostro fianco e vivono il nostro tempo perché ciascuno possa conoscere ed essere avvolto, avvinto e consolato dal Volto della Misericordia. Condurre gli uomini a Dio è l’opera di Cristo, il suo ministero già e non ancora realizzato in pienezza, è il compito affidato ai suoi apostoli e ai loro successori, è il compito consegnato alla Chiesa, a ciascuno di noi.

Come per un sentiero che porta alla vetta, sapere dove condurre, come arrivare porta in sé l’esigenza di conoscere la strada, averla percorsa più e più volte, conoscerne le difficoltà e i possibili percorsi alternativi, ricordare i tratti faticosi e la gioia della meta. Accompagnare gli uomini a Cristo affida a tutti noi consacrati il compito benedetto e fecondo della nostra relazione con Lui, invita ancora e ancora ad andare noi per primi ad abbeverarci alla Fonte, a mangiare la sua vita «finché ne vogliamo» (Gv 6,11). Testimoni della Misericordia sono coloro che per primi hanno ricevuto misericordia, per primi hanno sperimentato nella loro carne, nella loro storia quell’amore viscerale, intimo di Dio, quel sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono (Francesco, Misericordia Vultus, 7) hanno fatto esperienza di quell’amore eterno di Dio (Sal 136) che come un ritornello ha accompagnato la storia di Israele e con un’ostinazione mai meritata accompagna anche la nostra, la mia e la tua.

Sappiamo per esperienza vissuta quanto sant’Ignazio insegna al termine dei suoi Esercizi Spirituali: «L’amore si deve porre più nei fatti che nelle parole» (EE.SS. 221) e di questo la vita consacrata tutta insieme ne conserva la profezia: «Dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti, consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti» (Francesco, Misericordiae Vultus, 15). Come un’unica grande famiglia, come un unico corpo ciascuno con la sua funzione (Rm 12,4) la vita consacrata ricorda alla Chiesa intera il suo compito. Ciascuno con i propri carismi, con le sensibilità tipiche che la storia ci ha consegnato, con lo sguardo attento a cogliere le esigenze feconde di questi nostri giorni siamo chiamati a realizzare – soltanto rispondendo all’azione dello Spirito – l’opera della Misericordia, padri (e madri) che sappiano «correre incontro al figlio nonostante avesse dissipato i suoi beni. Chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e ad esprimere la gioia per averlo ritrovato. Instancabili nell’andare anche verso l’altro figlio rimasto fuori e incapace di gioire, per spiegargli che il suo giudizio severo è ingiusto, e non ha senso davanti alla misericordia del Padre che non ha confini» (cf. Francesco, Misericordiae Vultus, 18).

Vita consacrata e Misericordia, anni straordinari che si rilanciano per noi come atleti in una staffetta e si consegnano il testimone della Parola di vita, quel Vangelo che noi abbiamo ricevuto e che ha portato frutto nella nostra vita. E se lo ha portato nella nostra, se ha ferito il nostro cuore fatto di pietra per cambiarcelo nel petto con uno di carne, se ha guarito le ferite che ci siamo procurati con il peccato, se ha sanato i dolori che altri hanno causato alla nostra vita, se continua a renderci fecondi per mezzo della sua fedeltà, possiamo credere e annunciare che il medesimo frutto è davvero per tutti.

14 maggio 2015