Il Papa: «Solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile»
La Messa celebrata nella basilica di San Pietro nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, dopo la benedizione dei palli destinati agli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell'anno. Presente, come ogni anno, la delegazione del Patriarcato ecumenico
«Pietro e Paolo sono liberi solo perché sono stati liberati». E «toccati dal Signore, anche noi veniamo liberati. E abbiamo sempre bisogno di venire liberati, perché solo una Chiesa libera è una Chiesa credibile». Papa Francesco ha invitato tutti i cristiani a seguire l’esempio di «due colonne portanti della Chiesa». Ma per farlo, serve lasciarsi “liberare” da Gesù e camminare nella libertà dello Spirito Santo. Il pontefice ha celebrato la Messa nella basilica vaticana insieme a cardinali, vescovi e arcivescovi metropoliti. Come di consueto, prima della liturgia eucaristica, Francesco ha benedetto i palli, presi dalla Confessione dell’Apostolo Pietro e destinati agli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’anno, ai quali sarà imposto successivamente dal rappresentante pontificio nella rispettiva sede metropolitana. E come ogni anno, in occasione della festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma, era presente una delegazione del Patriarcato ecumenico guidata dal metropolita di Calcedonia Emmanuel Adamakis, accompagnato dal metropolita greco-ortodosso di Buenos Aires, Iosif Bosch, e dal diacono patriarcale Barnabas Grigoriadis.
Il Papa ha invitato a guardare da vicino Pietro e Paolo, «questi due testimoni della fede: al centro della loro storia non c’è la loro bravura» ma «l’incontro con Cristo che ha cambiato la loro vita. Hanno fatto l’esperienza di un amore che li ha guariti e liberati e, per questo, sono diventati apostoli e ministri di liberazione per gli altri». Per Pietro, si è trattato della liberazione «dal senso di inadeguatezza e dall’amarezza del fallimento, e questo è avvenuto grazie all’amore incondizionato di Gesù», che «lo ha amato gratuitamente e ha scommesso su di lui. Lo ha incoraggiato a non arrendersi. Così, lo ha liberato dalla paura, dai calcoli basati sulle sole sicurezze umane, dalle preoccupazioni mondane, infondendogli il coraggio di rischiare tutto e la gioia di sentirsi pescatore di uomini».
«Tutto ciò – ha spiegato il Papa – è stato possibile solo perché, come ci ha raccontato la prima Lettura, Pietro per primo è stato liberato. Le catene che lo tengono prigioniero vengono spezzate». Pietro «fa l’esperienza della Pasqua: il Signore lo ha liberato». Una liberazione di diverso tipo è quella di Paolo: quella «dalla schiavitù più opprimente, quella del suo io, e da Saulo, nome del primo re di Israele, è diventato Paolo, che significa “piccolo”. È stato liberato anche dallo zelo religioso che lo aveva reso accanito nel sostenere le tradizioni ricevute e violento nel perseguitare i cristiani. L’osservanza formale della religione e la difesa a spada tratta della tradizione invece che aprirlo all’amore di Dio e dei fratelli, lo avevano irrigidito: era un fondamentalista. Da questo Dio lo liberò; e, invece, non gli risparmiò tante debolezze e difficoltà che resero più feconda la sua missione evangelizzatrice». Entrambi hanno fatto l’esperienza dell’incontro con Cristo che «non li ha giudicati, non li ha umiliati, ma ha condiviso la loro vita con affetto e vicinanza, sostenendoli con la sua stessa preghiera e, qualche volta, richiamandoli per scuoterli al cambiamento». Così, ha detto ancora Francesco, Gesù fa anche con noi: «Ci assicura la sua vicinanza pregando per noi e intercedendo presso il Padre; e ci rimprovera con dolcezza quando sbagliamo, perché possiamo ritrovare la forza di rialzarci e riprendere il cammino».
Anche noi «come Pietro, siamo chiamati a essere liberi dal senso della sconfitta dinanzi alla nostra pesca talvolta fallimentare; a essere liberi dalla paura che ci immobilizza e ci rende timorosi, chiudendoci nelle nostre sicurezze e togliendoci il coraggio della profezia. Come Paolo – ha continuato il Papa – siamo chiamati a essere liberi dalle ipocrisie dell’esteriorità; a essere liberi dalla tentazione di imporci con la forza del mondo anziché con la debolezza che fa spazio a Dio; liberi da un’osservanza religiosa che ci rende rigidi e inflessibili; liberi dai legami ambigui col potere e dalla paura di essere incompresi e attaccati». La Chiesa è «affidata alle nostre mani ma condotta dal Signore con fedeltà e tenerezza». E «una Chiesa liberata» può offrire al mondo «quella liberazione che da solo non può darsi: la liberazione dal peccato, dalla morte, dalla rassegnazione, dal senso dell’ingiustizia, dalla perdita della speranza che abbruttisce la vita delle donne e degli uomini del nostro tempo. Chiediamoci – ha concluso il Papa – le nostre città, le nostre società, il nostro mondo, quanto hanno bisogno di liberazione? Quante catene vanno spezzate e quante porte sbarrate devono essere aperte! Noi possiamo essere collaboratori di questa liberazione, ma solo se per primi ci lasciamo liberare dalla novità di Gesù e camminiamo nella libertà dello Spirito Santo».
30 giugno 2021