Il Papa scrive al popolo dell’Ucraina: «Il vostro dolore è il mio dolore»

Il messaggio di Francesco ai «fratelli e sorelle ucraini», a 9 mesi dall’inizio della guerra. «Le autorità hanno il dovere di governare il Paese in tempi tragici e prendere decisioni lungimiranti per la pace». Il ricordo dei piccoli uccisi e delle donne vittime di violenza

«Io vorrei unire le mie lacrime alle vostre e dirvi che non c’è giorno in cui non vi sia vicino e non vi porti nel mio cuore e nella mia preghiera. Il vostro dolore è il mio dolore». A 9 mesi dall’aggressione della Russia all’Ucraina, il 24 febbraio scorso, che ha scatenato «l’assurda follia della guerra», Papa Francesco scrive al popolo ucraino. Una lettera indirizzata direttamente ai «cari fratelli e sorelle ucraini», datata 24 novembre, che fotografa come un’istantanea il «vostro cielo» in cui «rimbombano senza sosta il fragore sinistro delle esplosioni e il suono inquietante  delle sirene»; le «vostre città martellate dalle bombe mentre piogge di missili provocano morte, distruzione e dolore, fame, sete e freddo». E ancora, le «vostre strade» da cui «tanti sono dovuti fuggire, lasciando case e affetti»; i «vostri grandi fiumi», accanto ai quali «scorrono ogni giorno fiumi di sangue e di lacrime».

La sintesi, nelle parole del pontefice, è la croce di Cristo. «Sì – afferma -, la croce che ha torturato il Signore rivive nelle torture rinvenute sui cadaveri, nelle fosse comuni scoperte in varie città, in quelle e in tante altre immagini cruente che ci sono entrate nell’anima, che fanno levare un grido: perché? Come possono degli uomini trattare così altri uomini?». E richiamando alla mente le tante «tragiche storie di cui vengo a conoscenza», ricorda anzitutto i «bambini uccisi, feriti o rimasti orfani, strappati alle loro madri! Piango con voi per ogni piccolo che, a causa di questa guerra, ha perso la vita – aggiunge -, come Kira a Odessa, come Lisa a Vinnytsia, e come centinaia di altri bimbi: in ciascuno di loro è sconfitta l’umanità intera». Come «non provare angoscia – si domanda Bergoglio – per loro e per quanti, piccoli e grandi, sono stati deportati? È incalcolabile il dolore delle madri ucraine».

Il pensiero va quindi a «voi, giovani, che per difendere coraggiosamente la patria avete dovuto mettere mano alle armi anziché ai sogni che avevate coltivato per il futuro; penso a voi, mogli, che avete perso i vostri mariti e mordendo le labbra continuate nel silenzio, con dignità e determinazione, a fare ogni sacrificio per i vostri figli; a voi, adulti, che cercate in ogni modo di proteggere i vostri cari; a voi, anziani, che invece di trascorrere un sereno tramonto siete stati gettati nella tenebrosa notte della guerra; a voi, donne che avete subito violenze e portate grandi pesi nel cuore; a tutti voi, feriti nell’anima e nel corpo. Vi penso e vi sono vicino con affetto e con ammirazione – assicura Francesco – per come affrontate prove così dure».

Il Papa si rivolge anche «a  voi, volontari, che vi spendete ogni giorno per il popolo; a voi, Pastori del popolo santo di Dio, che – spesso con grande rischio per la vostra incolumità – siete rimasti accanto alla gente, portando la consolazione di Dio e la solidarietà dei fratelli, trasformando con creatività luoghi comunitari e conventi in alloggi dove offrire ospitalità, soccorso e cibo a chi versa in condizioni difficili. Ancora – prosegue – , penso ai profughi e agli sfollati interni, che si trovano lontano dalle loro abitazioni, molte delle quali distrutte». Quindi, la preghiera per le autorità: «Su di loro incombe il dovere di governare il Paese in tempi tragici e di prendere decisioni lungimiranti per la pace e per sviluppare l’economia durante la distruzione di tante infrastrutture vitali, in città come nelle campagne».

Francesco parla di un «mare di male e di dolore, a 90 anni dal terribile genocidio dell’Holodomor»: una «immane tragedia», nella quale «il popolo ucraino non si è mai scoraggiato o abbandonato alla commiserazione. Il mondo – prosegue – ha riconosciuto un popolo audace e forte, un popolo che soffre e prega, piange e lotta, resiste e spera: un popolo nobile e martire. Io continuo a starvi vicino, con il cuore e con la preghiera – assicura -, con la premura umanitaria, perché vi sentiate accompagnati, perché non ci si abitui alla guerra, perché non siate lasciati soli oggi e soprattutto domani, quando verrà forse la tentazione di dimenticare le vostre sofferenze».

Guardando all’inverno, nel quale «la rigidità del clima rende quello che vivete ancora più tragico», e all’approssimarsi del Natale, quando «lo stridore della sofferenza si avvertirà ancora di più»,  il Papa esprime un desiderio: «L’affetto della Chiesa, la forza della preghiera, il bene che vi vogliono tantissimi fratelli e sorelle a ogni latitudine siano carezze sul vostro volto. Vorrei tornare con voi a Betlemme – aggiunge -, alla prova che la Sacra Famiglia dovette affrontare in quella notte, che sembrava solo fredda e buia. Invece, la luce arrivò: non dagli uomini, ma da Dio; non dalla terra, ma dal Cielo. La Madre sua e nostra, la Madonna, vegli su di voi. Al suo Cuore Immacolato, in unione con i vescovi del mondo, ho consacrato la Chiesa e l’umanità, in particolare il vostro Paese e la Russia – ricorda -. Al suo Cuore di madre presento le vostre sofferenze e le vostre lacrime. A lei che, come ha scritto un grande figlio della vostra terra, «ha portato Dio nel nostro mondo», non stanchiamoci di chiedere il dono sospirato della pace, nella certezza che «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Egli dia compimento alle giuste attese dei vostri cuori, sani le vostre ferite e vi doni la sua consolazione. Io sono con voi, prego per voi e vi chiedo di pregare per me».

28 novembre 2022