Il Papa: Roma «faro di civiltà, maestra di accoglienza»

Francesco in Campidoglio. «Città dei ponti mai dei muri. Tutti si pongano al servizio del bene. Risorse di carità per superare le paure»

Roma polo d’attrazione e cerniera, meta e simbolo, luogo del dialogo tra potere temporale e spirituale. Una città che «esige e merita la fattiva, saggia, generosa collaborazione di tutti; merita che tanto i privati cittadini come le forze sociali e le pubbliche istituzioni, la Chiesa Cattolica e le altre Comunità religiose, tutti si pongano al servizio del bene della città e delle persone che la abitano, specialmente di quelle che per qualsiasi ragione si trovano ai margini, quasi scartate e dimenticate o che sperimentano la sofferenza della malattia, dell’abbandono o della solitudine».

È il messaggio che Francesco lancia dall’aula Giulio Cesare in occasione della sua visita in Campidoglio. Giunto in anticipo e accolto dal sindaco Virginia Raggi e dagli squilli di tromba dei Fedeli di Vitorchiano, il Santo Padre, dopo essersi affacciato dal balcone dello studio del primo cittadino per godere la splendida vista dei Fori, ha avuto un colloquio privato con la Raggi di circa 15 minuti. Insieme hanno quindi raggiunto la Sala dell’Arazzo dove il Papa ha donato a vicesindaco, presidenti dei gruppi consiliari e dirigenti capitolini una copia del libro “Ripensare il futuro dalle relazioni” con i discorsi sull’Europa. Dopo aver salutato gli assessori e i presidenti dei municipi nella Sala delle Bandiere e aver firmato il Libro d’Oro Capitolino, Francesco ha fatto il suo ingresso nell’aula Giulio Cesare per il momento clou della sua visita.

Nel suo saluto, Virginia Raggi ha sottolineato che è «pensando alle future generazioni che quotidianamente ci impegniamo per far sì che Roma occupi il posto che le compete, per renderla sempre più metropoli aperta e plurale. L’immagine del colonnato berniniano, non solo simbolicamente, rappresenta la vocazione di Roma: le braccia sono sempre aperte al mondo. Roma, città aperta, città del multilateralismo e del multiculturalismo».

«Roma guarda al futuro e si conferma ancora una volta città del dialogo», ha continuato il sindaco, ricordando che a breve «ci sarà, proprio qui la nuova sede dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo». Ma anche «città della solidarietà grazie all’attività di migliaia di volontari e a quella di centinaia di associazioni, religiose e laiche, come la Caritas con la quale da decenni siamo impegnati, fianco a fianco, a sostegno dei più deboli. Questo spirito rappresenta una colonna portante di Roma e un orgoglio per la città. Ma l’attenzione verso i più deboli significa anche avere riguardo per i più giovani che erediteranno ciò che noi seminiamo oggi. Roma accoglie il suo appello: il progresso economico e sociale avviene anche attraverso il rispetto dell’ambiente».

A simboleggiare questo spirito, l’istituzione di due borse di studio per il corso di studi in Scienze della pace alla Lateranense e l’intitolazione della Sala della Piccola Protomoteca all’enciclica Laudato si’. Il sindaco non ha mancato di ringraziare anche il cardinale vicario De Donatis e il suo predecessore Vallini, affermando che «in questa splendida  giornata il Colle Vaticano e quello Capitolino si stringono in un reciproco abbraccio affettuoso al di qua del Tevere che, ha concluso citando parole del Papa, «non è una barriera che divide, ma una possibilità per comunicare».

Francesco ha sottolineato la vocazione all’accoglienza della Città Eterna, «cerniera tra il nord continentale e il mondo mediterraneo, tra la civiltà latina e quella germanica, tra le prerogative e le potestà riservate ai poteri civili e quelle proprie del potere spirituale. Si può anzi affermare che, grazie alla forza delle parole evangeliche, si è qui inaugurata quella provvida distinzione, nel rispetto reciproco e collaborativo per il bene di tutti, tra l’autorità civile e quella religiosa, che meglio si conforma alla dignità della persona umana e le offre spazi di libertà e di partecipazione». Un ruolo che «obbliga il potere temporale e quello spirituale a dialogare costantemente, a collaborare stabilmente nel reciproco rispetto; e richiede anche di essere creativi, tanto nella tessitura quotidiana di buone relazioni, come nell’affrontare i numerosi problemi, che la gestione di un’eredità così immensa porta necessariamente con sé». Vocazione universale, dunque, di una città che è «organismo delicato, che necessita di cura umile e assidua e di coraggio creativo per mantenersi ordinato e vivibile, perché tanto splendore non si degradi, ma al cumulo delle glorie passate si possa aggiungere il contributo delle nuove generazioni, il loro specifico genio, le loro iniziative, i loro buoni progetti».

Il Papa ha offerto un “assist” importante all’amministrazione capitolina quando ha affermato che per la «peculiare identità storica, culturale e istituzionale di Roma» è necessario dotare di «strumenti normativi appropriati e una congrua dotazione di risorse» chi è chiamato a «governare questa complessa realtà» ma ha anche auspicato che «Roma si mantenga all’altezza dei suoi compiti e della sua storia, che sappia anche nelle mutate circostanze odierne essere faro di civiltà e maestra di accoglienza, che non perda la saggezza che si manifesta nella capacità di integrare e far sentire ciascuno partecipe a pieno titolo di un destino comune. La Chiesa che è a Roma vuole aiutare i romani a ritrovare il senso dell’appartenenza a una comunità tanto peculiare».

Il Papa, ricordando il convegno di 45 anni fa sui “mali di Roma” e sulle borgate degradate in cui si erano riversate masse di immigrati provenienti da ogni parte d’Italia, ha insistito sul tema dell’accoglienza: «Oggi quelle e altre periferie hanno visto l’arrivo, da tanti Paesi, di numerosi migranti fuggiti dalle guerre e dalla miseria, i quali cercano di ricostruire la loro esistenza in condizioni di sicurezza e di vita dignitosa. Roma, città ospitale, è chiamata ad affrontare questa sfida epocale nel solco della sua nobile storia; ad adoperare le sue energie per accogliere e integrare, per trasformare tensioni e problemi in opportunità di incontro e di crescita. Roma, fecondata dal sangue dei martiri, sappia trarre dalla sua cultura, plasmata dalla fede in Cristo, le risorse di creatività e di carità necessarie per superare le paure che rischiano di bloccare le iniziative e i percorsi possibili. Questi potrebbero far fiorire la città, affratellare e creare occasioni di sviluppo, tanto civico e culturale, quanto economico e sociale. Non si temano la bontà e la carità! Esse sono creative e generano una società pacifica, capace di moltiplicare le forze, di affrontare i problemi con serietà e con meno ansia, con maggiore dignità e rispetto per ciascuno e di aprirsi a nuove occasioni di sviluppo».

Francesco ha concluso incoraggiando «tutte le persone e le comunità che ad essa fanno riferimento, ad impegnarsi attivamente per testimoniare l’efficacia e l’attrattiva di una fede che si fa opera, iniziativa, creatività al servizio del bene». Il Papa si è congedato con una battuta: «Pregate per me e se non pregate, pensatemi bene!». Quindi, il saluto alla cittadinanza e ai dipendenti capitolini.

26 marzo 2019