Il Papa: «Risvegliare la sete di Dio, aprendo il cuore»

Nella solennità del Corpus Domini, la celebrazione all'altare della Cattedra. L'invito a riscoprire l'adorazione - «se manca questo, non c'è strada che ci porti al Signore, neppure il Sinodo» - e a essere, come Chiesa, una «sala grande, dove tutti, giusti e peccatori, possono entrare»

L’umanità ha sete di Dio ma sembra aver rimosso questa necessità. Occorre perciò «risvegliare» questa sete di Dio, aprendo il cuore che se rimane angusto, buio, come un «ripostiglio» non sa riconoscere la presenza di Dio. E questo vale anche per la Chiesa, che deve essere capace di aprirsi a tutti. Infine, «spezzare» la propria vita nella solidarietà come Gesù che ha spezzato se stesso nel sacrificio eucaristico. Intorno a queste tre immagini, riprese dal Vangelo della solennità del Corpus Domini, si è sviluppata ieri, 6 giugno, l’omelia del Papa, che ha celebrato la Messa all’altare della Cattedra, nella basilica di San Pietro. Una celebrazione con una presenza di fedeli ridotta, a causa delle restrizioni sanitarie, che hanno impedito anche quest’anno, come ha ricordato lo stesso pontefice, la consueta processione con il Santissimo Sacramento.

Partendo dall’immagine dell’uomo con la brocca d’acqua che fa da guida per la sala del Cenacolo, il Papa ha detto che rappresenta «un segno che fa pensare all’umanità assetata, sempre alla ricerca di una sorgente d’acqua che la disseti e la rigeneri. Tutti noi camminiamo nella vita con una brocca in mano: tutti noi, ognuno di noi ha sete di amore, di gioia, di una vita riuscita in un mondo più umano. E per questa sete, l’acqua delle cose mondane non serve, perché si tratta di una sete più profonda, che solo Dio può soddisfare. Per celebrare l’Eucaristia – ha proseguito – bisogna anzitutto riconoscere la propria sete di Dio: sentirci bisognosi di Lui, desiderare la sua presenza e il suo amore, essere consapevoli che non possiamo farcela da soli ma abbiamo bisogno di un Cibo e di una Bevanda di vita eterna che ci sostengono nel cammino». Nelle parole di Francesco, «il dramma di oggi, possiamo dire, è che spesso la sete si è estinta. Si sono spente le domande su Dio, si è affievolito il desiderio di Lui, si fanno sempre più rari i cercatori di Dio. Dio non attira più perché non avvertiamo più la nostra sete profonda. È la sete di Dio che ci porta all’altare. Se manca la sete, le nostre celebrazioni diventano aride. Anche come Chiesa, allora, non può bastare il gruppetto dei soliti che si radunano per celebrare l’Eucaristia; dobbiamo andare in città, incontrare la gente, imparare a riconoscere e a risvegliare la sete di Dio e il desiderio del Vangelo».

Poi il Papa si è soffermato sulla «grande sala al piano superiore», il Cenacolo. E ha citato «don Primo Mazzolari: “Ecco che un uomo senza nome, un padrone di casa, gli presta la sua camera più bella. Egli ha dato ciò che aveva di più grande perché intorno al grande sacramento ci vuole tutto grande, camera e cuore, parole e gesti”. Una sala grande per un piccolo pezzo di Pane. Dio si fa piccolo come un pezzo di pane e proprio per questo occorre un cuore grande per poterlo riconoscere, adorare, e accogliere». Perciò se il cuore «somiglia a un ripostiglio dove conserviamo con rimpianto le cose vecchie; se somiglia a una soffitta dove abbiamo riposto da tempo il nostro entusiasmo e i nostri sogni; se somiglia a una stanza angusta e una stanza buia perché viviamo solo di noi stessi, dei nostri problemi e delle nostre amarezze, allora sarà impossibile riconoscere questa silenziosa e umile presenza di Dio. Ci vuole una sala grande. Bisogna allargare il cuore».

Francesco ha sottolineato come sia necessaria l’adorazione che «ci manca tanto! Questo ci manca in tanti movimenti che noi facciamo per incontrarci, riunirci, pensare insieme la pastorale. Ma se manca questo, se manca lo stupore e l’adorazione, non c’è strada che ci porti al Signore. Neppure ci sarà il Sinodo, niente. Questo è l’atteggiamento davanti all’Eucaristia, di questo abbiamo bisogno: adorazione». E «anche la Chiesa dev’essere una sala grande. Non un circolo piccolo e chiuso ma una Comunità con le braccia spalancate, accogliente verso tutti. Chiediamoci questo: quando si avvicina qualcuno che è ferito, che ha sbagliato, che ha un percorso di vita diverso, la Chiesa, questa Chiesa, è una sala grande per accoglierlo e condurlo alla gioia dell’incontro con Cristo? L’Eucaristia vuole nutrire chi è stanco e affamato lungo il cammino, non dimentichiamolo! La Chiesa dei perfetti e dei puri è una stanza in cui non c’è posto per nessuno; la Chiesa dalle porte aperte, che festeggia attorno a Cristo, è invece una sala grande dove tutti – tutti, giusti e peccatori – possono entrare».

L’ultima immagine è quella di Gesù che spezza il Pane: «È il Signore che non spezza nessuno ma spezza se stesso. È il Signore che non esige sacrifici ma sacrifica se stesso. È il Signore che non chiede nulla ma dona tutto. Per celebrare e vivere l’Eucaristia, anche noi siamo chiamati a vivere questo amore. Perché non puoi spezzare il Pane della domenica se il tuo cuore è chiuso ai fratelli. Non puoi mangiare questo Pane se non dai il pane all’affamato. Non puoi condividere questo Pane se non condividi le sofferenze di chi è nel bisogno. Alla fine di tutto, anche delle nostre solenni liturgie eucaristiche, solo l’amore resterà. E fin da adesso le nostre Eucaristie trasformano il mondo nella misura in cui noi ci lasciamo trasformare e diventiamo pane spezzato per gli altri».

7 giugno 2021