Il Papa: «Per costruire la pace, sviluppare una cultura del “prendersi cura”»

Nell'Angelus del 1° gennaio, Francesco è tornato sul tema della Giornata mondiale della pace, invitando a chiederla come dono di Dio. "Benedire, nascere e trovare" i verbi al centro dell'omelia della Messa, letta da Parolin. «Oltre al vaccino per il corpo serve quello per il cuore»

Papa Francesco non ha celebrato la Messa del 1º gennaio, solennità di Maria Santissima Madre di Dio, a causa della sciatalgia che lo aveva colpito nei giorni precedenti, ma ha comunque presieduto la recita del primo Angelus dell’anno, trasmessa dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico. Il pontefice ha ricordato il tema della Giornata mondiale della pace: “La cultura della cura come percorso di pace”. «I dolorosi eventi che hanno segnato il cammino dell’umanità nell’anno trascorso, specialmente la pandemia, ci insegnano quanto sia necessario interessarsi dei problemi degli altri e condividere le loro preoccupazioni – ha detto  -. Questo atteggiamento rappresenta la strada che conduce alla pace, perché favorisce la costruzione di una società fondata su rapporti di fratellanza. Ciascuno di noi, uomini e donne di questo tempo, è chiamato a realizzare la pace: ognuno di noi, non siamo indifferenti a questo».

La pace, ha proseguito Francesco, «si può costruire se cominceremo a essere in pace con noi stessi – in pace dentro, nel cuore – e con chi ci sta vicino, togliendo gli ostacoli che impediscono di prenderci cura di quanti si trovano nel bisogno e nell’indigenza. Si tratta di sviluppare una mentalità e una cultura del “prendersi cura”, al fine di sconfiggere l’indifferenza, di sconfiggere lo scarto e la rivalità, che purtroppo prevalgono». Dunque «la pace non è solo assenza di guerra. La pace mai è asettica, no, non esiste la pace della “sala operatoria”. La pace è nella vita: non è solo assenza di guerra ma è vita ricca di senso, impostata e vissuta nella realizzazione personale e nella condivisione fraterna con gli altri».

Il Papa ha invitato a chiedere il dono della pace alla Madonna, che come ha preso tra le sue braccia il Bambino Gesù, «vuole tenerci tra le braccia, per custodirci come ha custodito e amato il suo Figlio. Lo sguardo rassicurante e consolante della Vergine Santa è un incoraggiamento a far sì che questo tempo, donatoci dal Signore, sia speso per la nostra crescita umana e spirituale, sia tempo per appianare gli odi e le divisioni – ce ne sono tante -,  sia tempo per sentirci tutti più fratelli, sia tempo di costruire e non di distruggere, prendendoci cura gli uni degli altri e del creato». Ha invitato a chiedere la pace come dono di Dio perché «le sole forze umane non bastano» ma «va implorata con incessante preghiera, sostenuta con un dialogo paziente e rispettoso, costruita con una collaborazione aperta alla verità e alla giustizia e sempre attenta alle legittime aspirazioni delle persone e dei popoli».

Il pontefice, che ha ricambiato gli auguri di buon anno del presidente Mattarella e ha ricordato le numerose iniziative di riflessione sulla Giornata della pace, come le Marce virtuali organizzate il 31 dicembre da episcopato italiano, Pax Christi, Caritas e Azione cattolica e il 1º gennaio dalla Comunità di Sant’Egidio, ha pregato in particolare per la fine delle violenze nello Yemen e per la liberazione del vescovo nigeriano Moses Chikwe e del suo autista, poi avvenuta nella mattina del 2.

La Messa era stata invece celebrata dal segretario di Stato cardinale Pietro Parolin, che ha letto l’omelia preparata dal Papa, incentrata su tre verbi: benedire, nascere e trovare. “Benedire”. «Il mondo – ha scritto Francesco – è gravemente inquinato dal dire male e dal pensare male degli altri, della società, di se stessi. Ma la maldicenza corrompe, fa degenerare tutto, mentre la benedizione rigenera, dà forza per ricominciare ogni giorno. Chiediamo alla Madre di Dio la grazia di essere per gli altri portatori gioiosi della benedizione di Dio, come lei lo è per noi».

Poi “nascere”. «Attraverso Maria incontriamo Dio come Lui vuole: nella tenerezza, nell’intimità, nella carne. Sì, perché Gesù non è un’idea astratta, è concreto, incarnato, è nato da donna ed è cresciuto pazientemente. Le donne conoscono questa concretezza paziente: noi uomini siamo spesso astratti e vogliamo qualcosa subito; le donne sono concrete e sanno tessere con pazienza i fili della vita. Quante donne, quante madri in questo modo fanno nascere e rinascere la vita, dando futuro al mondo! Non siamo al mondo per morire, ma per generare vita». Nel suo testo, il Papa ha ricordato che «è dal cuore che nasce il bene: quanto è importante tenere pulito il cuore, custodire la vita interiore, praticare la preghiera! Quanto è importante educare il cuore alla cura, ad avere care le persone e le cose. Oltre al vaccino per il corpo – ha aggiunto – serve il vaccino per il cuore: e questo vaccino è la cura».

Infine, “trovare”. Come i pastori, «anche noi non avremmo trovato Dio se non fossimo stati chiamati per grazia». E «abbiamo scoperto che il suo perdono fa rinascere, che la sua consolazione accende la speranza e la sua presenza dona una gioia insopprimibile. Lo abbiamo trovato ma non dobbiamo perderlo di vista». All’inizio dell’anno, ha concluso il pontefice, «sarebbe bello trovare tempo per qualcuno. Se troveremo tempo da regalare, saremo stupiti e felici, come i pastori».

4 gennaio 2021