Il Papa: lo sport è fonte di valori, conduce verso la santità

Messaggio in occasione della presentazione del documento Dare il meglio di sé, del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Nel testo un no al doping, alla corruzione («può portare alla rovina») e alle scommesse sportive

“Dare il meglio di sé” è il titolo del nuovo documento diffuso oggi dalla Santa Sede sulla prospettiva cristiana dello sport e della persona umana preparato dal Dicastero per i laici, la famiglia e la vita per «offrire una breve presentazione della visione della Santa Sede e della Chiesa Cattolica sullo sport».

In un messaggio inviato al cardinale Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, Papa Francesco ha evidenziato che «dare il meglio di sé nello sport è anche una chiamata ad aspirare alla santità. Occorre approfondire la stretta relazione che esiste tra lo sport e la vita, che possano illuminarsi a vicenda affinché lo sforzo di superarsi in una disciplina atletica serva anche da stimolo per migliorare sempre come persona in tutti gli aspetti della vita. Tale ricerca ci mette sulla strada che, con l’aiuto della grazia di Dio, ci può condurre a quella pienezza di vita che noi chiamiamo santità».

Per il Pontefice lo sport rappresenta «una ricchissima fonte di valori e virtù che ci aiutano a migliorare come persone. Come l’atleta durante l’allenamento, la pratica sportiva ci aiuta a dare il meglio di noi stessi, a scoprire senza paura i nostri limiti, e a lottare per migliorare ogni giorno». Francesco spiega che per lo sportivo cristiano «la santità sarà vivere lo sport come un mezzo di incontro, di formazione della personalità, di testimonianza e di annuncio della gioia di essere cristiano con quelli che lo circondano».

Il documento in cinque capitoli evidenzia il crescente bisogno di «fair play» nello sport, per avere un gioco «pulito», prendendo in esame il gioco di squadra, il sacrificio di ogni atleta che porta alla gioia nel praticare una disciplina che appassiona. «Gli atleti – è scritto nel testo – onorano il fair play non solo quando rispettano formalmente le regole, ma anche quando osservano la giustizia in rispetto dei propri avversari. Una cosa è rispettare le regole del gioco per evitare di essere sanzionati dall’arbitro o squalificati altra è essere attenti e rispettosi dell’avversario e della sua libertà indipendentemente da qualsivoglia ricaduta regolamentare».

Quattro le sfide da affrontare per la Chiesa per poter aspirare ad uno sport sano: lo svilimento del corpo, il doping, la corruzione e il ruolo delle tifoserie. «Il problema del doping nuoce alla comprensione fondamentale dello sport. Sfortunatamente oggi, è praticato sia da singoli atleti, che da squadre e anche dagli stati – denuncia il documento Dare il meglio di sé – è l’esempio chiarissimo di come la mentalità della ‘vittoria a tutti i costi’ abbia corrotto lo sport portandolo alla violazione delle sue regole costitutive». Risolvere il problema, che non può essere ascritto al singolo atleta, «è responsabilità delle organizzazioni sportive» che hanno il compito di «creare regole certe e condizioni organizzative di base per sostenere e motivare gli sportivi nella loro responsabilità e ridurre qualsiasi tentazione di ricorrere al doping. In un mondo globalizzato come lo sport, servono sforzi internazionali concreti e coordinati».

Ruolo importante lo ricoprono anche gli spettatori e i tifosi i quali «devono tener presente quanto le loro continue aspettative di miglioramento delle performance e il desiderio di super-spettacolarizzazione degli eventi sportivi spingano gli attori dello sport a doparsi fisicamente o a fare un uso di doping meccanico». L’atleta non deve mai essere «considerato come merce – chiosa il Dicastero – Il criterio per cui qualsiasi scelta non è più vagliata secondo il metro della dignità della persona, ma piuttosto dalla misura dell’efficienza, può portare con sé rischi per la salute, propria e dei compagni».

Il paragrafo di Dare il meglio di sé dedicato allo “Sport umano e giusto”, si sofferma anche sulla dignità di ogni atleta che deve essere sempre tutelata specialmente se si parla di bambini che hanno «il diritto a essere protetti nella propria integrità fisica. Situazioni di abusi di bambini, siano essi fisici, sessuali o emotivi, da parte di allenatori, preparatori o altri adulti, sono un affronto alle giovani creature, fatte a immagine e somiglianza di Dio, e perciò un affronto direttamente a Dio. Le istituzioni che finanziano programmi di sport per i giovani, inclusi quelli di alto livello, dovrebbero sviluppare linee programmatiche con l’aiuto di esperti che garantiscano la sicurezza dei bambini».

Il dicastero punta il dito contro quei genitori, allenatori e società sportive a volte troppo «interessati ad assicurarsi il successo e a soddisfare le speranze di medaglie, record, borse di studio scolastiche, contratti di sponsorizzazione e ricchezza. I genitori hanno la responsabilità di mostrare ai loro figli che sono amati per quello che sono e non per i loro successi, per l’apparenza o per le capacità fisiche».

Per il dicastero anche «la corruzione può portare lo sport alla rovina» e per arginare il fenomeno suggerisce la messa in atto di regole «concrete e trasparenti per evitare che i valori dello sport vengano calpestati. La corruzione non riguarda soltanto un singolo evento sportivo, ma è una piaga che può diffondersi anche alle politiche sportive. Le scelte riguardanti il mondo sportivo sono ormai decise da attori esterni ad esso per interessi di carattere finanziario o politico. Ugualmente riprovevole è qualsiasi tipo di corruzione che riguarda le scommesse sportive. Se innumerevoli sportivi o appassionati sono ingannati soltanto perché pochi altri possano arricchirsi a dismisura, anche questo minaccia l’integrità dello sport».

1° giugno 2018