Il Papa: «L’emarginazione di milioni di persone non potrà durare ancora a lungo»

Pubblicato il messaggio per la III Giornata mondiale dei poveri, il 17 novembre. «Si possono costruire muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori ma non sarà così per sempre»

Il gap tra ricchi e poveri è rimasto immutato nei secoli. Nonostante la crisi economica mondiale, l’arricchimento di alcuni gruppi di persone «appare tanto più anomalo quanto più nelle strade delle nostre città tocchiamo con mano l’ingente numero di poveri a cui manca il necessario e che a volte sono vessati e sfruttati». Papa Francesco lo rimarca più volte nel messaggio per la III Giornata mondiale dei poveri che sarà celebrata il 17 novembre, XXXIII domenica del tempo ordinario, ponendo l’accento su chi è pronto a giudicare ritenendo i poveri «parassiti della società» o gente «minacciosa e incapace». Migliaia di uomini e donne invisibili «sopportati con fastidio».

Pubblicato questa mattina, 13 giugno, il testo ha come filo conduttore il versetto 19 del Salmo 9: “La speranza dei poveri non sarà mai delusa“. Parole che «non riguardano il passato ma il nostro presente posto dinanzi al giudizio di Dio», scrive Bergoglio prima di analizzare tutte le nuove forme di schiavitù ed esortare i volontari a prendersi cura dei poveri a 360 gradi, non limitandosi a soddisfare solo le loro necessità materiali ma facendoli sentire amati. Nel documento Francesco cita don Primo Mazzolari, secondo il quale «il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie», e Jean Vanier, l’apostolo dei poveri, il “santo della porta accanto” recentemente scomparso.

Il Papa, elencando le povertà del nostro secolo che riguardano milioni di persone nel mondo, pensa alle famiglie costrette a emigrare per cercare lavoro; ai bambini «violentemente separati dai genitori per un brutale sfruttamento»; ai giovani disoccupati «per politiche economiche miopi»; ai milioni di immigrati «vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza» e ai senza dimora emarginati. «Quante volte vediamo i poveri nelle discariche a raccogliere il frutto dello scarto e del superfluo – scrive Bergoglio -, diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo. Si è giunti perfino a teorizzare e realizzare un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza». Ancora, il pontefice coglie anche l’occasione per condannare il caporalato che coinvolge ogni anno, specie nel sud Italia, migliaia di immigrati costretti a lavorare per ore sotto il sole cocente, «ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane che permettano di sentirsi uguali agli altri».

Francesco ricorda che nella Bibbia è ripetutamente descritto «l’agire di Dio in favore dei poveri» e che Gesù apre il discorso della montagna affermando «beati voi, poveri». Nella nostra società, avverte, «si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori ma non sarà così per sempre. La condizione di emarginazione in cui sono vessate milioni di persone non potrà durare ancora a lungo». In occasione della Giornata dei poveri, istituita dallo stesso pontefice argentino al termine del Giubileo della Misericordia, l’impegno dei cristiani deve essere orientato a «scoprire la bontà che si nasconde nel loro cuore», ponendo attenzione alla loro cultura «per poter iniziare un vero dialogo fraterno. Mettiamo da parte le divisioni che provengono da visioni ideologiche o politiche – l’esortazione del Papa -, fissiamo lo sguardo sull’essenziale che non ha bisogno di tante parole ma di uno sguardo di amore e di una mano tesa. I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno di amore, semplicemente».

Il messaggio termina quindi con l’appello alle comunità cristiane a non considerare le statistiche ma a impegnarsi concretamente per «rafforzare in tanti la volontà di collaborare fattivamente affinché nessuno si senta privo della vicinanza e della solidarietà».

13 giugno 2019