Il Papa: «La pace, priorità di ogni politica»

In Campidoglio la 34ª edizione dell'Incontro internazionale tra i leader religiosi mondiali promosso dalla Comunità di Sant'Egidio. L'Appello ai governanti perché «rifiutino il linguaggio della divisione». Il silenzio per le vittime della pandemia e di tutte le guerre

In un mondo devastato dalla pandemia e in alcune sue parti dilaniato da quella che Papa Francesco definisce la «terza guerra mondiale a pezzi», bisogna celebrare la maieutica dell’amore. Le divisioni e le violenze si superano solo attraverso un dialogo rispettoso e continuo. Le armi posso tacere per sempre ma solo con il dialogo e il perdono. La guerra «è un fallimento della politica e dell’umanità». Per dire «mai più guerra» ieri sera, 20 ottobre, i leader religiosi, a partire da Papa Francesco, accompagnato da cristiani ortodossi e protestanti, musulmani, ebrei, induisti, buddisti, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, hanno firmato l’Appello di pace al termine del 34° Incontro internazionale promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, dedicato quest’anno al tema “Nessuno si salva da solo. Fraternità e Pace”.

Il documento – che sollecita ad unire «già da oggi gli sforzi per contenere la diffusione del virus finché non ci sarà un vaccino accessibile a tutti» – è stato consegnato da un gruppo di bambini agli ambasciatori e ai rappresentanti della politica internazionale e nazionale (presenti anche i ministri dell’Interno e degli Esteri Luciana Lamorgese e Luigi Di Maio, accanto al sindaco di Roma Virginia Raggi e al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti). Dal Campidoglio, luogo in cui nel 1957 furono firmati i Trattati di Roma per l’Europa unita, i leader di tutte le fedi si sono appellati «ai governanti perché rifiutino il linguaggio della divisione, supportata spesso da sentimenti di paura e di sfiducia».

Più dure le parole del Papa, per il quale «mettere fine alla guerra è un dovere improrogabile di tutti i responsabili politici di fronte a Dio. La pace è la priorità di ogni politica. Dio chiederà conto a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti». È imperativo agire subito perché «il mondo, la politica, la pubblica opinione rischiano di assuefarsi al male della guerra, come naturale compagna della storia dei popoli», ha aggiunto il Papa. Nessuno potrà prevenire o uscire dai conflitti da solo, ha spiegato. «La fraternità, che sgorga dalla coscienza di essere un’unica umanità, deve penetrare nella vita dei popoli, nelle comunità, tra i governanti, nei consessi internazionali – ha spiegato -. Così lieviterà la consapevolezza che ci si salva soltanto insieme, incontrandosi, negoziando, smettendo di combattersi, riconciliandosi, moderando il linguaggio della politica e della propaganda, sviluppando percorsi concreti per la pace».

L’evento, organizzato nello “spirito di Assisi”, sulla scorta del primo incontro voluto da Giovanni Paolo II con i rappresentanti delle religioni nella cittadina umbra il 27 ottobre 1986, ha ricalcato le orme impresse da Bergoglio con la firma del “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” – sottoscritto nel 2019 ad Abu Dhabi con il grande imam di al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb – e con la recente enciclica “Fratelli tutti”. L’incontro, diviso in due momenti, si è aperto con le preghiere delle diverse religioni in luoghi distinti. Papa Francesco, accompagnato dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, il «fratello Bartolomeo», come lo ha sempre definito, e dal vescovo Heinrich Bedford-Strohm, presidente del consiglio della Chiesa evangelica in Germania, ha presieduto la preghiera nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli.

Durante l’omelia si è concentrato sul male dell’egocentrismo. «Sul Calvario – ha detto – è avvenuto il grande duello tra la fede in Dio e il culto dell’io; tra l’uomo che accusa e Dio che scusa». Quindi da Bergoglio la preghiera «di essere più uniti, più fraterni». Dello stesso tenore le parole del vescovo Heinrich secondo il quale «la passione per l’unità della Chiesa non è un sentimento di un gruppo ecclesiale che nutre un interesse speciale per questo. È parte del dna stesso di ciascuna Chiesa». L’accensione di 29 candele ha accompagnato la preghiera per la pace in altrettanti Paesi come Afghanistan, Siria, Bielorussia, Burundi, Iraq. I leader religiosi hanno poi preso la parola dal palco allestito in piazza del Campidoglio dal quale il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi ha rimarcato che «in molti Paesi è un momento grave in cui non si può stare in silenzio. La guerra, madre di tutte le povertà, è padrona d’interi Paesi. Non ci si salva da soli, alle spalle degli altri, contro gli altri. Vale per l’Europa, vale per ogni continente».

Secondo Bartolomeo I, «per costruire la fraternità che porta alla pace e alla giustizia, al rispetto e alla comprensione, dobbiamo cominciare col curare la nostra casa comune, dentro la quale ci troviamo tutti, figli di questa umanità e di ogni cosa creata da Dio. È finito il tempo della moda ecologica, della sua idealizzazione o peggio della sua ideologizzazione. Inizia il tempo dell’agire». Di fraternità e concordia ha parlato anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella il quale ha sottolineato che «la Repubblica Italiana riconosce e onora gli sforzi di dialogo in questa direzione, nella consapevolezza del ruolo di importanza fondamentale che le religioni hanno e possono dispiegare nel contribuire a un avvenire di sviluppo e di eguaglianza fra le persone e fra i popoli». Un minuto di silenzio in memoria delle vittime della pandemia e di tutte le guerre ha chiuso l’incontro.

21 ottobre 2020