Il Papa in Thailandia: senza i missionari «sarebbe mancato il sorriso thai»

Francesco ha celebrato la Messa nello stadio nazionale di Bangkok, davanti a decine di migliaia di persone, 35 anni dopo la visita di Giovanni Paolo II

Decine di migliaia di persone hanno affollato ieri, 21 novembre, lo stadio nazionale di Bangkok per prendere parte alla Messa presieduta da Papa Francesco, nel suo primo giorno di visita pastorale in Thailandia. Prima di lui, 35 anni fa, solo Giovanni Paolo II. «Il Vangelo – ha detto Francesco – è un invito e un diritto gratuito per tutti quelli che vogliono ascoltare. È sorprendente notare come sia intessuto di domande che cercano di mettere in crisi, di scuotere e di invitare i discepoli a mettersi in cammino, per scoprire quella verità capace di dare e di generare vita». Domande che «cercano di aprire il cuore e l’orizzonte all’incontro con una novità molto più bella di quanto si possa immaginare». È quanto è successo «ai primi missionari che si misero in cammino e arrivarono in queste terre – ha commentato il Papa -. Era necessario aprire il cuore a una nuova misura, capace di superare tutti gli aggettivi che sempre dividono, per scoprire tante madri e fratelli thai che mancavano alla loro mensa domenicale – la tesi di Francesco -. Non solo per quanto avrebbero potuto offrire ad essi, ma anche per tutto ciò che da loro avevano bisogno di ricevere per crescere nella fede e nella comprensione delle Scritture. Senza quell’incontro, al cristianesimo sarebbe mancato il vostro volto», le parole rivolte al popolo tailandese: «Sarebbero mancati i canti, le danze che rappresentano il sorriso thai, così tipico delle vostre terre».

Il discepolo missionario, ha proseguito il pontefice, «non è un mercenario della fede né un procacciatore di proseliti ma un mendicante che riconosce che gli mancano i fratelli, le sorelle e le madri, con cui celebrare e festeggiare il dono irrevocabile della riconciliazione che Gesù dona a tutti noi». È il ritratto dell’evangelizzatore tracciato dal Papa, che nel ricapitolare la storia del Paese ha messo in primo piano l’azione dei missionari. «Sono passati 350 anni dalla creazione del Vicariato Apostolico del Siam (1669-2019), segno dell’abbraccio familiare prodotto in queste terre», ha ricordato Bergoglio. «Due soli missionari seppero trovare il coraggio di gettare i semi che, fin da quel tempo lontano, stanno crescendo e germogliando in una varietà di iniziative apostoliche, che hanno contribuito alla vita della nazione». Un anniversario che, nelle parole del pontefice, significa «fuoco di speranza perché, nel presente, anche noi possiamo rispondere con la stessa determinazione, forza e fiducia».

Questo il senso dell’essere discepoli missionari: decidersi a «essere parte viva della famiglia del Signore, condividendo come Lui lo ha fatto». Ricordando il modello offerto da Gesù nel rapporto con i peccatori e gli impuri, Francesco ha rivolto il suo pensiero «in particolar modo a quei bambini, bambine e donne esposti alla prostituzione e alla tratta, sfigurati nella loro dignità più autentica». E ancora, «a quei giovani schiavi della droga e del non-senso che finisce per oscurare il loro sguardo e bruciare i loro sogni; penso ai migranti spogliati delle loro case e delle loro famiglie, come pure tanti altri che, come loro, possono sentirsi dimenticati, orfani, abbandonati, senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita».

Nel ricordo del pontefice anche «i pescatori sfruttati, i mendicanti ignorati. Essi fanno parte della nostra famiglia, sono nostre madri e nostri fratelli. Non priviamo le nostre comunità dei loro volti, delle loro piaghe, dei loro sorrisi, delle loro vite – l’appello -. E non priviamo le loro piaghe e le loro ferite dell’unzione misericordiosa dell’amore di Dio. Il discepolo missionario sa che l’evangelizzazione non è accumulare adesioni né apparire potenti, ma aprire porte per vivere e condividere l’abbraccio misericordioso e risanante di Dio Padre che ci rende famiglia».

22 novembre 2019