Il Papa in Congo: «Giù le mani dall’Africa!»

Il primo discorso nel Palais de la Nation. «Nel vostro Paese sembra che la terra intera respiri. Ma la storia non è stata generosa. Soffrite un genocidio dimenticato»

L’incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico nel Palais de la Nation. È stata questa l’occasione del primo discorso di Francesco in Africa, ieri, 31 gennaio, poco dopo l’arrivo all’aeroporto di Kinshasa. «Tormentata dalla guerra, la Repubblica democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate, e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato», la denuncia del Papa.

Nelle sue parole, la gioia di essere «in questa terra così bella, vasta e rigogliosa, che abbraccia a nord la foresta equatoriale, al centro e verso sud altipiani e savane alberate, a est colline, montagne, vulcani e laghi, a ovest altre grandi acque, con il fiume Congo che incontra l’oceano. Nel vostro Paese, che è come un continente nel grande Continente africano, sembra che la terra intera respiri. Ma se la geografia di questo polmone verde è tanto ricca e variegata, la storia non è stata altrettanto generosa», ha constatato il pontefice. E ha parlato di un Paese «immenso e pieno di vita», il «diaframma d’Africa», che, «colpito dalla violenza come da un pugno nello stomaco, sembra da tempo senza respiro».

Un grido d’allarme, quello di Bergoglio, che, parlando a braccio, ha denunciato «questo genocidio dimenticato che sta soffrendo la Repubblica del Congo. E mentre voi congolesi lottate per custodire la vostra dignità e la vostra integrità territoriale contro deprecabili tentativi di frammentare il Paese – ha aggiunto -, io vengo a voi, nel nome di Gesù, come pellegrino di riconciliazione e di pace. Ho tanto desiderato essere qui e finalmente giungo a portarvi la vicinanza, l’affetto e la consolazione di tutta la Chiesa cattolica. E imparare dal vostro esempio di pazienza, di coraggio e di lotta».

Dal Papa anche un appello, rivolto «a ciascun congolese», affinché «la violenza e l’odio non abbiano più posto nel cuore e sulle labbra di nessuno, perché sono sentimenti antiumani, sentimenti anticristiani, che paralizzano lo sviluppo e riportano indietro, a un passato oscuro». E ancora: «Care donne e uomini congolesi, il vostro Paese è davvero un diamante del creato; ma voi, tutti voi, siete infinitamente più preziosi di ogni bene che sorge da questo suolo fecondo! Sono qui ad abbracciarvi e a ricordarvi che avete un valore inestimabile, che la Chiesa e il Papa hanno fiducia in voi, credono nel vostro futuro, in un futuro che sia nelle vostre mani e nel quale meritate di riversare le vostre doti di intelligenza, sagacia e operosità». La premessa è la consapevolezza che «gli esseri umani sono capaci di giustizia e di perdono, di concordia e di riconciliazione, di impegno e di perseveranza nel mettere a frutto i talenti ricevuti».

L’attenzione di Francesco è anche per le «varie forme di sfruttamento» che ancora soffre l’intero continente africano. Il riferimento è, in particolare, ai «diamanti insanguinati» della Repubblica democratica del Congo, «ampiamente depredata», che «non riesce a beneficiare delle sue immense risorse». Si tratta, per il Papa, di un «colonialismo economico»: un dramma «davanti al quale il mondo economicamente più progredito chiude spesso gli occhi, le orecchie e la bocca». Di qui il monito: «Giù le mani dalla Repubblica democratica del Congo, giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare. L’Africa sia protagonista del suo destino! Il mondo faccia memoria dei disastri compiuti lungo i secoli a danno delle popolazioni locali e non dimentichi questo Paese e questo continente». L’Africa, «sorriso e speranza del mondo» la definisce il pontefice, «conti di più. Si faccia largo una diplomazia dell’uomo per l’uomo, dei popoli per i popoli, dove al centro vi siano le opportunità di crescita della gente», la proposta di Francesco.

Guardando poi alla storia di questo popolo e «al sangue che in questo Paese scorre orami da decenni», il Papa ha auspicato che «si conosca quanto qui accade. I processi di pace in corso, che incoraggio con tutte le forze, siano sostenuti coi fatti e gli impegni siano mantenuti», ha detto. Quindi il «grazie» a «chi contribuisce al bene della popolazione locale e a un reale sviluppo attraverso progetti efficaci: non interventi di mero assistenzialismo, ma piani volti a una crescita integrale». Superando anche il pericolo di «scivolare nel tribalismo e nella contrapposizione», da cui non sono esenti le religioni. A loro Francesco ha chiesto di «rinunciare a ogni aggressività, proselitismo e costrizione, mezzi indegni della libertà umana». L’esortazione, allora, è a «lavorare a un futuro che sia insieme agli altri, non contro gli altri».

Un impegno, questo, in cui «anche i membri della società civile svolgono un ruolo essenziale». In particolare i giovani, che «hanno sofferto in varia misura per questo», opponendosi a ingiustizia e degrado, per «difendere i diritti umani, la necessità di una solida educazione per tutti e di una vita più dignitosa per ciascuno», l’omaggio del pontefice. A chi ha responsabilità civili e di governo, infine, la consegna a «operare con limpidezza cristallina, vivendo l’incarico ricevuto come un mezzo per servire la società», nella consapevolezza che «il potere ha senso solo se diventa servizio». Quindi alcune indicazioni per il futuro della Repubblica democratica del Congo: «Favorire elezioni libere, trasparenti e credibili; estendere ancora di più la partecipazione ai processi di pace alle donne, ai giovani e ai gruppi marginalizzati; ricercare il bene comune e la sicurezza della gente anziché gli interessi personali o di gruppo; rafforzare la presenza dello Stato in ogni parte del territorio; prendersi cura delle tante persone sfollate e rifugiate».

Chiara l’esortazione del pontefice: «Non ci si lasci manipolare né tantomeno comprare da chi vuole mantenere il Paese nella violenza, per sfruttarlo e fare affari vergognosi: ciò porta solo discredito e vergogna, insieme a morte e miseria. Nella società, a oscurare la luce del bene sono spesso le tenebre dell’ingiustizia e della corruzione», il monito del Papa, che ha ricordato che «Dio è dalla parte di chi ha fame e sete di giustizia. Non bisogna stancarsi di promuovere, in ogni settore, il diritto e l’equità, contrastando l’impunità e la manipolazione delle leggi e dell’informazione». Fondamentale, in questa direzione, anche il ruolo dell’educazione, «la via per il futuro, la strada da imboccare per raggiungere la piena libertà di questo Paese e del Continente africano. In essa è urgente investire», tutelando «bambini, fanciulle e giovani», che «sono il presente di speranza». Infine, la custodia del creato: «La Repubblica democratica del Congo ospita uno dei più grandi polmoni verdi del mondo, che va preservato. Come per la pace e per lo sviluppo, anche in questo campo è importante una collaborazione ampia e proficua, che permetta di intervenire efficacemente, senza imporre modelli esterni più utili a chi aiuta che a chi viene aiutato».

Nell’analisi di Bergoglio, per l’Africa «c’è soprattutto bisogno di modelli sanitari e sociali che contribuiscano a una effettiva crescita sociale; di strutture solide e di personale onesto e competente, per superare i gravi problemi che bloccano sul nascere lo sviluppo, come la fame e la malaria». Quindi, l’esortazione: «In nome di Cristo, che è il Dio della speranza, il Dio di ogni possibilità che dà sempre la forza di ricominciare, in nome della dignità e del valore dei diamanti più preziosi di questa splendida terra, che sono i suoi cittadini, vorrei invitare tutti a una ripartenza sociale coraggiosa e inclusiva. Io sono con voi e accompagno con la preghiera e con la vicinanza ogni sforzo per un avvenire pacifico, armonioso e prospero di questo grande Paese. Dio benedica l’intera nazione congolese!».

1° febbraio 2023