Il Papa: impegno di tutti per sanare la piaga della tratta

L’appello all’Angelus dopo la marcia promossa dalla Rete internazionale della vita consacrata impegnata contro lo sfruttamento. «Crimine di lesa umanità»

«Per sanare questa piaga, che sfrutta i più deboli, è necessario l’impegno di tutti: istituzioni, associazioni e agenzie educative». Con queste parole Papa Francesco, durante l’Angelus di domenica 9 febbraio, ha salutato i partecipanti della marcia contro la tratta che si è tenuta proprio ieri mattina tra Castel Sant’Angelo e piazza San Pietro. L’iniziativa “Insieme contro la tratta”, celebrata il giorno dopo la memoria liturgica della santa sudanese Giuseppina Bakhita, è stata organizzata da “Talitha Kum”, la Rete internazionale della vita consacrata contro la tratta di persone, che è anche un progetto dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), in partenariato con la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, la sezione Migranti e rifugiati del dicastero per il Servizio allo sviluppo umano integrale, Caritas Internationalis, l’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche, l’Anti-Trafficking Working Group e il Jesuit refugees service.

«Nell’edizione di quest’anno – spiega la comboniana Gabriella Bottani, coordinatrice di Talitha Kum – abbiamo voluto sottolineare la parola “insieme”, perché è importante costruire insieme e ampliare il concetto che soltanto lavorando insieme si potranno aiutare le persone, le donne, i bambini e le bambine. Non ci si può rassegnare – prosegue – al fatto che le persone siano trasformate in oggetti dai trafficanti». Un percorso, quello della Marcia, «simbolico, per unirsi spiritualmente e in preghiera con Papa Francesco – spiega la religiosa -, che da anni è impegnato contro la tratta. Il messaggio che vogliamo mandare è quello di conversione, di rispetto per l’altro e di condanna di qualsiasi sfruttamento». Quello che gli organizzatori chiedono «alla comunità internazionale è di non abbassare la guardia, di far rispettare le leggi e di investire risorse per rendere concreta questa battaglia».

Per Maria Lia Zervino, presidente dell’Unione mondiale delle organizzazioni femminili cattoliche, «la tratta è un crimine di lesa umanità e tutti gli uomini e le donne dovrebbero agire per salvaguardare la dignità delle persone». Un evento del genere, sottolinea, «è importante per avere visibilità e sensibilizzare i cittadini e le istituzioni. Si tratta – ricorda – del terzo giro d’affari più grande al mondo dopo droga e armi e interessa, purtroppo, tutti i continenti». Sono infatti migliaia le persone sfruttate, soprattutto donne e minori. Gli organizzatori della marcia hanno invitato alcune vittime della tratta ma molti hanno deciso di non partecipare o di farlo in incognito per paura di esporsi, di essere riconosciuti e di ripiombare nuovamente in quest’incubo.

«È un problema che nasce e vive sotto gli occhi di tutti, anche in Europa», spiega Monica Attias, della Comunità di Sant’Egidio, tra i gruppi partecipanti. «Le storie sono tante, dai bambini costretti a lavorare nelle miniere in Africa alle donne africane o asiatiche che si prostituiscono. Recentemente, inoltre, è stata scoperta un’altra rotta della tratta che passa per l’Isola di Lesbo e Istanbul, dove le ragazze che transitano per arrivare in Occidente vengono subito intercettate dai trafficanti». Per gli organizzatori, serve una risposta comune tra società civile, istituzioni e Chiesa, per «prendersi la responsabilità della vita e della salvezza di queste persone». Un impegno che deve coinvolgere anche i mezzi di comunicazione di massa, come ha sottolineato Papa Francesco sempre durante l’Angelus domenicale. «Le organizzazioni criminali – ha affermato – usano sempre più i moderni mezzi di comunicazione per adescare le vittime con l’inganno. Pertanto è necessario da una parte educare a un uso sano dei mezzi tecnologici, dall’altra vigilare e richiamare i fornitori di tali servizi telematici alle loro responsabilità».

10 febbraio 2020