Il Papa: «Cristiani perseguitati, ecumenismo del sangue»

La celebrazione dei vespri a San Paolo fuori le Mura ha concluso la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. «Mettere da parte ogni polemica e cogliere ciò che ci unisce»

«In questo momento di preghiera per l’unità  vorrei ricordare i nostri martiri di oggi. Loro danno testimonianza di Gesù Cristo e vengono perseguitati e uccisi perché cristiani, senza fare distinzioni da parte dei persecutori della confessione alla quale appartengono: sono cristiani e per questo perseguitati».

Il pensiero più importante di Papa Francesco durante i vespri a San Paolo fuori le Mura, celebrazione che tradizionalmente conclude la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, è per loro, per i cristiani perseguitati. Le notizie delle ultime settimane, del resto, parlano di un’escalation, soprattutto in Africa, ma non soltanto. «Questo è l’ecumenismo del sangue», sottolinea Francesco con un’espressione eloquente.

Ad ascoltarlo, nel pomeriggio di domenica 25 gennaio, cardinali (tra cui il vicario di Roma, Vallini, l’arciprete della basilica, Harvey, e il presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, Koch), vescovi, sacerdoti, i rappresentanti delle altre Chiese e comunità  ecclesiali presenti a Roma e molti consacrati della diocesi di Roma, che si uniscono alle altre migliaia di fedeli per condividere un significativo momento di comunione con il loro vescovo alla vigilia della Giornata mondiale della vita consacrata.

Nell’omelia della celebrazione dei secondi vespri della solennità della Conversione di san Paolo Apostolo, il Papa afferma che «l’unità dei cristiani non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni». «Verrà il figlio dell’uomo e ci troverà ancora nelle discussioni», aggiunge “a braccio”.

«Tante controversie tra cristiani, ereditate dal passato – sottolinea -, si possono superare mettendo da parte ogni atteggiamento polemico o apologetico e cercando insieme di cogliere in profondità ciò che ci unisce, e cioè la chiamata a partecipare al mistero di amore del Padre rivelato a noi dal Figlio per mezzo dello Spirito Santo. Dobbiamo riconoscere – prosegue il Santo Padre – che per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le diversità, riconcilia le diversità e supera i conflitti». «L’unità si fa camminando – incalza -, mai da fermi».

Ancora una volta torna il richiamo alla cultura dell’incontro più volte sottolineata dall’inizio del suo pontificato, tanto più importante in un ambito come quello dell’ecumenismo. «In viaggio dalla Giudea verso la Galilea – spiega infatti Francesco – Gesù passa attraverso la Samaria. Egli non ha difficoltà ad incontrare i samaritani giudicati eretici, scismatici, separati dai giudei. Il suo atteggiamento ci dice che il confronto con chi è differente da noi può farci crescere».

«Nella chiamata ad essere evangelizzatori – afferma il Pontefice -, tutte le Chiese e Comunità ecclesiali trovano un ambito essenziale per una più stretta collaborazione». E «per poter svolgere efficacemente tale compito, occorre evitare di chiudersi nei propri particolarismi ed esclusivismi, come pure di imporre uniformità secondo piani meramente umani. Il comune impegno ad annunciare il Vangelo permette di superare ogni forma di proselitismo e la tentazione di competizione. Siamo tutti al servizio dell’unico e medesimo Vangelo!».

Prima della celebrazione, papa Francesco si era raccolto in preghiera davanti alla tomba dell’apostolo Paolo. Con lui anche i rappresentanti delle altre Chiese, il metropolita Gennadios, del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e monsignor David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’arcivescovo di Canterbury, oltre al cardinale Koch, che gli rivolge poi un indirizzo di saluto al termine dei vespri.

 

26 gennaio 2015