Il Papa apre la Porta Santa: «Abbandoniamo la paura»

Il rito è stato preceduto dalla Messa in piazza San Pietro; l’incontro con Benedetto XVI e l’esortazione: «Crescere nella convinzione della misericordia»

Il rito è stato preceduto dalla Messa in piazza San Pietro; l’incontro con Benedetto XVI e l’esortazione: «Crescere nella convinzione della misericordia»

«Questa è la porta del Signore… apritemi le porte della giustizia… per la tua grande misericordia entrerò nella tua casa, Signore». Sono passati una decina di minuti dopo le 11, e quindici anni dopo l’ultimo Anno Santo, quando papa Francesco, l’8 dicembre, pronuncia la formula di rito per l’apertura della Porta Santa di San Pietro. Le mani spingono sulle formelle di bronzo dello scultore Vico Consorti. Una volta. Due. Francesco incontra resistenza, sembra non farcela. Poi, sull’anta sinistra, un riflesso repentino del sole, spuntato solo per pochi momenti, indica a tutti che la Porta si sta aprendo. Il silenzio dei fedeli in piazza si scioglie in un composto e breve applauso, mentre il Papa si ferma e prega sulla soglia della porta che è diventata quasi “periferica” rispetto a quella di Bangui, in Centrafrica, città indicata da Francesco come «Capitale spirituale del mondo».

È un Giubileo straordinario, d’altronde: quello dell’indulgenza “globalizzata”, della moltiplicazione delle Porte Sante (almeno una per ogni diocesi del mondo), della compresenza di due Papi. Benedetto XVI non partecipa alla Messa sul sagrato di San Pietro, incontra Francesco poco prima e subito dopo l’apertura della Porta. Grande l’affetto della folla che applaude ripetutamente il Papa emerito ogni volta che viene inquadrato. Francesco e Benedetto attraversano per primi la Porta di San Pietro, entrando simbolicamente nel perdono di Dio. È con questo gesto, semplice ma dal senso profondissimo, che tanti pellegrini, fino alla chiusura dell’Anno Santo, scopriranno la «misericordia del Padre che tutti accoglie – dice Francesco nella breve omelia che precede l’apertura della Porta Santa – e ad ognuno va incontro personalmente».

È grigio il cielo sopra San Pietro. A tratti, una pioggia leggera colora di ombrelli la piazza. I primi pellegrini arrivano intorno alle sei del mattino, ordinatamente, si sottopongono ai controlli di sicurezza. È anche il primo Giubileo della minaccia globale, dell’allerta 4, come a Parigi nei giorni successivi agli attacchi terroristici del 13 novembre. Ma è anche il Giubileo del perdono e del «primato della grazia», come dice il Papa. E come in Maria, «la pienezza della grazia è in grado di trasformare il cuore», rendendolo «capace di compiere un atto talmente grande da cambiare la storia dell’umanità».

Nella festa dell’Immacolata Concezione, Francesco sottolinea ancora una volta la misericordia di Dio che non solo «perdona il peccato», ma «in Maria giunge fino a prevenire la colpa originaria, che ogni uomo porta con sé entrando in questo mondo». Il Giubileo della Misericordia, nelle intenzioni di Papa Francesco, è forse innanzitutto questo: comprendere che l’intera «storia del peccato», a partire da quello commesso nel giardino dell’Eden, «si risolve nel progetto di un amore che salva», «che perdona». Come dimostrano le parole del libro della Genesi, aggiunge il Papa: «C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. È questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio». Eppure, «se tutto rimanesse relegato al peccato, saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre».

Anche per questo, quello che ci prepariamo a vivere, riflette Francesco, «sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia». «Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore – è l’appello del Papa – perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma».

La Porta Santa di San Pietro è stata aperta esattamente 50 anni dopo la chiusura del Concilio Vaticano II. Non è una casualità. Francesco lo dice chiaramente nell’omelia: «Questa scadenza non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. In primo luogo, però, il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa a uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in se stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario». Il Giubileo – conclude Francesco – «ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon Samaritano».

Subito dopo la recita dell’Angelus e l’attraversamento della Porta Santa da parte delle autorità presenti alla Messa, tra cui il capo dello Stato Sergio Mattarella con la figlia Laura, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il commissario di Roma Francesco Paolo oTronca, i varchi sono stati aperti ai pellegrini che attendevano in piazza. A fine mattinata, il Papa “esce” ancora una volta, «per andare incontro ad ogni uomo» in ogni parte del mondo. Questa volta lo fa dal suo profilo Twitter: «Che il Giubileo della Misericordia – scrive, inaugurando il primo Anno Santo dell’era dei social network – porti a tutti la bontà e la tenerezza di Dio».

9 dicembre 2015