Il Papa al Cimitero Teutonico: «La speranza, ancora che non delude»

Messa per la commemorazione dei defunti in forma privata. «Io so che il mio Redentore è vivo: ripeterlo nei momenti di gioia e nei momenti brutti, di morte»

Celebrazione della commemorazione dei fedeli defunti diversa dal solito per il Santo Padre, che non si è recato fuori dal Vaticano, come in passato (lo scorso anno, ad esempio, era stato alle catacombe di Santa Priscilla) per rispettare le norme di prudenza legate alla pandemia di Covid-19. Il Papa ha infatti celebrato la Messa in forma strettamente privata (solo una quindicina di fedeli presenti) nella chiesa del Pontificio Collegio Teutonico di Santa Maria in Camposanto, proprio accanto alla residenza Santa Marta, «pellegrino tra i pellegrini», come ha detto nel suo saluto di benvenuto monsignor Hans-Peter Fischer, rettore del Collegio.

Nella breve omelia pronunciata a braccio il Papa ha parlato della speranza cristiana. Commentando la prima lettura, si è soffermato sulla figura di «Giobbe sconfitto, anzi finito nella sua esistenza, con la pelle strappata, quasi senza carne». In quella circostanza, «Giobbe ha una certezza. Nel momento in cui è giù” lo consola “un abbraccio di luce e calore che lo assicura: vedrò il mio redentore. Questa certezza è la speranza cristiana, una speranza che è un dono, non possiamo averla, è un dono che dobbiamo chiedere: Signore dammi la speranza». Un dono da chiedere con più forza quando «ci sono tante cose brutte che portano a disperare, a credere che tutto sarà una sconfitta finale, che dopo la morte non c’è nulla». In quei frangenti «la voce di Giobbe torna, torna: io so che il mio Redentore è vivo».

Una virtù che «ci attira, dà un senso alla vita: io non vedo l’aldilà ma la speranza è il dono di Dio che ci attira verso la vita, verso la gioia eterna». Il Papa ha usato una metafora: la speranza «è un’ancora che abbiamo dall’altra parte, noi aggrappati alla corda ci sosteniamo. Io so che il mio Redentore è vivo: ripeterlo nei momenti di gioia e nei momenti brutti, di morte». Una certezza che «è un dono di Dio perché noi non potremo mai averla con le nostre forze. È un dono gratuito che non meritiamo ma è dato, è donato, è grazia». Infine, il Papa ha ricordato che «il Signore conferma questa speranza che non delude». Citando il Vangelo, ha affermato che «questo è il fine della speranza, andare da Gesù: il Signore ci riceve là dove c’è l’ancora. La vita nella speranza è vivere così, aggrappati con la corda in mano, forte, sapendo che l’ancora è laggiù e non delude».  Pensare, ha concluso Francesco, a «tanti fratelli e sorelle che sono andati ci farà bene, guardare ai cimiteri e guardare su e ripetere come Giobbe: io so che il mio Redentore vive e io lo vedrò».

Durante la preghiera dei fedeli sono stati ricordati i migranti, quanti hanno sofferto e soffrono per la pandemia, i defunti senza volto e senza nome. Al termine della Messa poi il Papa si è fermato a pregare presso le tombe del camposanto per poi scendere nelle Grotte Vaticane per un altro momento di preghiera in suffragio dei pontefici defunti.

3 novembre 2020