Il Papa ai sacerdoti: «Via rigidità che allontanano dal confessionale»

Durante la liturgia penitenziale del 4 marzo, Francesco ricorda ai pastori: «Il ritorno a casa del figlio è ciò che il Padre attende prima di tutto»

Durante la liturgia penitenziale del 4 marzo, Francesco ricorda ai pastori: «Il ritorno a casa del figlio è ciò che il Padre attende prima di tutto» 

«Oggi più che mai, soprattutto noi pastori siamo chiamati ad ascoltare il grido, forse nascosto, di quanti desiderano incontrare il Signore». Con la liturgia penitenziale di venerdì 4 marzo a San Pietro, Papa Francesco ha dato il via ad un appuntamento ormai abituale del tempo di quaresima: le 24 ore per il Signore. L’iniziativa, promossa dal Pontifico Istituto per la promozione della nuova Evangelizzazione è arrivata, infatti, al suo terzo anno e si è celebrerà nella maggior parte delle diocesi del mondo. Un appuntamento che permette opportunità speciali a tutti coloro che vogliono accostarsi al confessionale per la Riconciliazione: chiese aperte tutta la notte e sacerdoti a disposizione per le confessioni.

E proprio ai pastori si è rivolto il Papa durante la sua omelia nel venerdì precedente alla domenica in Laetare: «Siamo tenuti a rivedere quei comportamenti che a volte non aiutano gli altri ad accostarsi a Gesù; gli orari e i programmi che non incontrano i bisogni» di chi cerca la confessione. Le regole umane, per il Papa, non devono valere più del desiderio di perdono; al bando, quindi, «le nostre rigidità che potrebbero tenere lontano dalla tenerezza di Dio». È come se indicasse una via preferenziale, Francesco, per tutti coloro che vogliono riconciliarsi con il Padre, «perché il ritorno a casa del figlio è ciò che il Padre attende prima di tutto».

A tre domeniche da Pasqua, il Papa ha ripreso l’invocazione di Bartimeo nel Vangelo di Marco: «Che io veda di nuovo»: «è questa la richiesta che oggi vogliamo rivolgere al Signore: vedere di nuovo, dopo che i nostri peccati ci hanno fatto perdere di vista il bene e ci hanno distolto dalla bellezza della nostra chiamata, facendoci invece errare lontano dalla meta». Ognuno di noi è nella situazione di Bartimeo, ha aggiunto il Papa, «la sua cecità lo aveva portato alla povertà e a vivere ai margini della città, dipendendo dagli altri in tutto. Anche il peccato ha questo effetto: ci impoverisce e ci isola. È una cecità dello spirito, che impedisce di vedere l’essenziale, di fissare lo sguardo sull’amore che dà la vita; e conduce poco alla volta a soffermarsi su ciò che è superficiale, fino a rendere insensibili agli altri e al bene».

«Quanto è facile e sbagliato credere che la vita dipenda da quello che si ha, dal successo o dall’ammirazione che si riceve; che l’economia sia fatta solo di profitto e di consumo; che le proprie voglie individuali debbano prevalere sulla responsabilità sociale! Guardando solo al nostro io, diventiamo ciechi, spenti e ripiegati su noi stessi, privi di gioia e di vera libertà».

La Luce gentile di Cristo «ci invita a non rimanere rinchiusi nelle nostre scure cecità» la Sua presenza «ci fa sentire bisognosi di salvezza, e questo è l’inizio della guarigione del cuore. Purtroppo c’è sempre qualcuno che non vuole fermarsi, che non vuole essere disturbato da chi grida il proprio dolore, preferendo far tacere e rimproverare il povero che dà fastidio». Il nostro, ha detto Francesco rivolgendosi ai pastori, «è il ministero dell’accompagnamento, perché l’incontro con il Signore sia personale, intimo, e il cuore si possa aprire sinceramente e senza timore al Salvatore. Non dimentichiamo: è solo Dio che agisce in ogni persona. Nel Vangelo è Lui che si ferma e chiede del cieco; è lui a ordinare che glielo portino; è lui che lo ascolta e lo guarisce. Noi siamo stati scelti per suscitare il desiderio della conversione, per essere strumenti che facilitano l’incontro, per tendere la mano e assolvere, rendendo visibile e operante la sua misericordia».

Dopo l’omelia, il Papa stesso ha ricevuto l’assoluzione dei peccati confessandosi, in ginocchio, in uno spazio della navata destra di San Pietro. Sempre qui, il Santo padre ha confessato diversi penitenti, per più di un’ora. «Chi crede, vede» e va avanti con speranza, «perché sa che il Signore è presente, sostiene e guida». «E dopo l’abbraccio del Padre, il perdono del Padre – ha concluso Francesco – facciamo festa, nel nostro cuore, perché Lui fa festa».

7 marzo 2016