Il Papa ai sacerdoti: «In confessione non inquisite»

Lo ha detto Francesco durante l’incontro con oltre 550 Missionari della Misericordia. Il ricordo di due suoi confessori: «Ti dava il coraggio di andare avanti», «si scusava con Dio per aver perdonato troppo»

L’incontro con i missionari della misericordia, il “corpo speciale” di confessori che ha istituito durante lo scorso Giubileo, Francesco l’ha terminato con due aneddoti. Agli oltre 550 sacerdoti provenienti dai cinque continenti che martedì 10 aprile affollavano la Sala Regia del Palazzo Apostolico, il Papa ha voluto parlare di due «grandi confessori», un sacramentino e un cappuccino, che conobbe in Argentina, a Buenos Aires. Con il primo, padre Asti, l’allora provinciale della Compagnia di Gesù Jorge Mario Bergoglio si confessava spesso: «Com’era buono. Era un uomo che ti dava il coraggio di andare avanti». Morì a 94 anni. Andando a trovarlo alla camera ardente, «mentre facevo finta di sistemare i fiori – ha ricordato il Papa sorridendo – ho fatto così e ho preso la croce» del suo rosario. «Quella croce la porto qui con me da quel momento e chiedo a lui la grazia di essere misericordioso, la porto con me sempre».

Il secondo confessore di cui ha parlato il Papa è «un cappuccino che ha la coda dei penitenti, non finisce mai». Ha 92 anni e confessa ancora al santuario della Madonna di Pompei nella capitale argentina. «È un gran perdonatore, un gran misericordioso». Una volta, aveva 85 anni, «venne da me per dirmi “ho un problema: a volte mi viene di perdonare troppo e mi viene uno scrupolo. Allora vado in cappella davanti al tabernacolo e chiedo scusa al Signore per aver perdonato troppo. Perdonami… Ma bada bene che sei stato tu a darmi il cattivo esempio!”. Così pregava quell’uomo».

A due anni dall’istituzione, durante il Giubileo della Misericordia, «ho ricevuto molte testimonianze di conversioni – ha detto Francesco ai Missionari – che si sono realizzate tramite il vostro servizio», per questo «ho ritenuto opportuno che ancora per un po’ il vostro mandato potesse essere prolungato». Il messaggio «che portiamo a nome di Cristo è quello di fare pace con Dio. Il nostro apostolato è un appello a cercare e ricevere il perdono del Padre», ha detto il pontefice a coloro cui ha conferito una speciale autorità di assoluzione per tutti i peccati. Dall’8 all’11 aprile i missionari hanno ascoltato delle catechesi e offerto delle testimonianze sulle attività pastorale svolte nelle proprie diocesi. «Dio ha bisogno di uomini che portino nel mondo il suo perdono e la sua misericordia – ha sottolineato Francesco -. Questa responsabilità è posta nelle nostre mani e richiede uno stile di vita coerente con la missione che abbiamo ricevuto». Essere collaboratori della misericordia «presuppone di vivere l’amore misericordioso che noi primi abbiamo sperimentato».

Bisogna riconoscere «l’agire della grazia e il suo primato», ha continuato il Papa, nella consapevolezza che «la riconciliazione non è, come spesso si pensa, una nostra iniziativa privata o il frutto del nostro impegno. La prima iniziativa è del Signore». E per esprimere questo concetto, Francesco riprende il neologismo che già in altre occasioni aveva utilizzato: «primear», per spiegare la dinamica del «primo atto con il quale Dio ci viene incontro». Ecco perché «quando si accosta a noi un penitente, è importante e consolante riconoscere che abbiamo davanti a noi il primo frutto dell’incontro già avvenuto con l’amore di Dio».

Non potrebbe esserci vera riconciliazione «se questa non partisse dalla grazia di un incontro con Dio che precede quello con noi confessori. Il nostro compito consiste nel non rendere vana l’azione della grazia di Dio, ma sostenerla e permettere che giunga a compimento». Non sempre succede, «non c’è bisogno di far provare vergogna a chi ha già riconosciuto il suo peccato e sa di aver sbagliato; non è necessario inquisire; non è permesso violare lo spazio sacro di una persona nel suo relazionarsi con Dio». Il sacramento della Riconciliazione «possa diventare un momento favorevole per far percepire e crescere la consolazione interiore».

Alle 12, all’altare della Cattedra in San Pietro, si è poi svolta la concelebrazione eucaristica con i Missionari della Misericordia. Nel corso dell’omelia, il Papa li ha invitati a essere «preti normali, semplici, miti, equilibrati, ma capaci di lasciarsi costantemente rigenerare dallo Spirito, docili alla sua forza, interiormente liberi – anzitutto da se stessi – perché mossi dal “vento” dello Spirito che soffia dove vuole». La presenza viva del Signore – ha concluso il Papa – «produce una forza di attrazione che tende a raggiungere tutti, nessuno escluso». Un «dinamismo» cui porre a servizio «il vostro specifico ministero di Missionario della Misericordia, perché l’unità voluta da Dio in Cristo prevalga sull’azione negativa del Maligno».

 

 

10 aprile 2018