Il Papa ai religiosi: «Spenderci tra la gente non in retroguardia»

I rappresentanti della Conferenza italiana dei Superiori Maggiori sono stati ricevuti dal Pontefice che li ha invitati ad «aiutare la Chiesa a crescere per via di attrazione». Bisogna far circolare la «linfa della fraternità»

Si è conclusa il 7 novembre la 54ma Assemblea generale della Cism, la Conferenza italiana dei Superiori Maggiori che rappresenta oltre 118 diversi istituti, tra ordini, congregazioni e società di vita apostolica. L’ultimo giorno dell’Assemblea è stato dedicato all’incontro con Papa Francesco che ha invitato i partecipanti ad «aiutare la Chiesa a crescere per via di attrazione». Davanti alla testimonianza della vita religiosa, infatti, «la gente – ha aggiunto il Papa – si domanda: “che cosa c’è qui?, “Che cosa spinge questa persona oltre l’orizzonte mondano?”».

«Noi religiosi siamo chiamati a dare una testimonianza di profezia. La testimonianza di una vita evangelica è ciò che distingue il discepolo missionario e in particolare chi segue il Signore nella via della vita consacrata. E la testimonianza profetica coincide con la santità». Per Francesco, «la vera profezia non è mai ideologica, non è “alla moda”, ma è sempre un segno di contraddizione secondo il Vangelo, così come lo era Gesù. Gesù, per esempio, fu un segno di contraddizione per le autorità religiose del suo tempo: capi dei farisei e dei sadducei, dottori della legge». Il Papa ha, quindi, ripreso «una bella espressione» del presidente della Cism: «Non vogliamo combattere battaglie di retroguardia, di difesa, ma spenderci tra la gente», nella certezza di fede che Dio sempre fa germogliare e maturare il suo Regno.

Una via da percorrere, secondo il Santo Padre, attraverso «preghiera e adorazione» e «condivisione con il popolo santo di Dio che vive nelle periferie della storia». Decentrarsi quindi, «perché al centro ci sia solo Gesù Cristo. Il carisma non va conservato come una bottiglia di acqua distillata, va fatto fruttificare con coraggio, mettendolo a confronto con la realtà presente, con le culture, con la storia». Oggi la cultura dominante è individualista, centrata sui diritti soggettivi. «È una cultura che corrode la società a partire dalla sua cellula primaria che è la famiglia. La vita consacrata può aiutare la Chiesa e la società intera dando testimonianza di fraternità, che è possibile vivere insieme come fratelli nella diversità: questo è importante».

Perché, ha evidenziato, «nella comunità non ci si sceglie prima», eppure «si cerca di vivere da fratelli. Non sempre si riesce, certo, tante volte si sbaglia, perché siamo tutti peccatori, però si riconosce di avere sbagliato, si chiede perdono e si offre il perdono. E questo fa bene alla Chiesa: fa circolare nel corpo della Chiesa la linfa della fraternità».

 

10 novembre 2014