Il Papa al popolo gitano: sradicare pregiudizi e diffidenze

Nell’udienza in Aula Paolo VI, esorta all’impegno «per costruire periferie più umane». Appello alle istituzioni: istruzione, lavoro, sanità

Nell’udienza in Aula Paolo VI, Francesco esorta all’impegno «per costruire periferie più umane». Appello alle istituzioni per istruzione, lavoro e sanità

«È arrivato il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia». Il monito del Papa risuona in un’Aula Paolo VI ricca dei colori dei gitani, a conclusione del loro pellegrinaggio mondiale. Circa 5.000 persone, tra cui molti bambini, affollano la consueta aula delle udienze oggi in una veste insolita: dopo il discorso del Papa si trasforma in una gigantesca mensa per il pranzo degli ospiti.

Lo stile del Papa è franco, come sempre, e le sue parole interpellano tutti i gitani. «Esorto voi per primi, nelle città di oggi in cui si respira tanto individualismo, ad impegnarvi a costruire periferie più umane, legami di fraternità e condivisione; avete questa responsabilità, è anche compito vostro. E potete farlo se siete anzitutto buoni cristiani, evitando tutto ciò che non è degno di questo nome: falsità, truffe, imbrogli, liti». A loro Bergoglio indica l’esempio del beato Zeffirino Giménez Malla, «figlio del vostro popolo, che si distinse per le sue virtù, per umiltà e onestà, e per la grande devozione alla Madonna, una devozione che lo portò al martirio e ad essere conosciuto come “Martire del Rosario”».

Francesco incalza: «Non date ai mezzi di comunicazione e all’opinione pubblica occasioni per parlare male di voi. Voi stessi siete i protagonisti del vostro presente e del vostro futuro. Come tutti i cittadini, potete contribuire al benessere e al progresso della società rispettandone le leggi, adempiendo ai vostri doveri e integrandovi anche attraverso l’emancipazione delle nuove generazioni».

All’udienza di oggi, lunedì 26 ottobre, il Papa arriva in anticipo, stringe mani, con il suo solito affetto avvicina tanti dei presenti. Ad accoglierlo, la danza di un gruppo di bambini della comunità rom di Mazara del Vallo, seguita da canti e testimonianze, tra cui quella di una giovane serba, Maria. È l’atto conclusivo del pellegrinaggio organizzato dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti per commemorare il 50° della storica visita di Papa Paolo VI al campo nomadi di Pomezia, avvenuta il 26 settembre 1965, in cui Montini definì gli itineranti “pellegrini perpetui”. Tanti i momenti significativi di tre giornate di pellegrinaggio, come la Via Crucis presieduta sabato 24 al Colosseo dal cardinale Vallini e la Messa presieduta domenica 25 dal cardinale Vegliò al santuario del Divino Amore.

Il Papa, aprendo il discorso, ringrazia proprio Vegliò, che gli ha indirizzato un saluto, e per aver «organizzato l’evento in collaborazione con la Fondazione “Migrantes” della Conferenza Episcopale Italiana, con l’Ufficio “Migrantes” della Diocesi di Roma e la Comunità di Sant’Egidio». Ricorda l’aumento di vocazioni sacerdotali, diaconali e di vita consacrata come «segno forte di fede e crescita spirituale delle vostre etnie», e cita l’esempio del vescovo Devprasad Ganava. «Voi siete un tramite – sottolinea Francesco – tra due culture e, per questo, vi si chiede di essere sempre testimoni di trasparenza evangelica per favorire la nascita, la crescita e la cura di nuove vocazioni. Sappiate essere accompagnatori non solo nel cammino spirituale, ma anche nell’ordinarietà della vita quotidiana con tutte le sue fatiche, gioie e preoccupazioni».

Il Papa ricorda poi di aver potuto conoscere da vicino i problemi dei gitani, anche grazie alle visite alle parrocchie di Roma. «Conosco le difficoltà del vostro popolo. Visitando alcune parrocchie romane, nelle periferie della città, ho avuto modo di sentire i vostri problemi, le vostre inquietudini, e ho constatato che interpellano non soltanto la Chiesa, ma anche le autorità locali. Ho potuto vedere le condizioni precarie in cui vivono molti di voi, dovute alla trascuratezza e alla mancanza di lavoro e dei necessari mezzi di sussistenza. Ciò – afferma Francesco – contrasta col diritto di ogni persona ad una vita dignitosa, a un lavoro dignitoso, all’istruzione e all’assistenza sanitaria».

«L’ordine morale e quello sociale – continua – impongono che ogni essere umano possa godere dei diritti fondamentali e debba rispondere ai propri doveri. Su questa base è possibile costruire una convivenza pacifica, in cui le diverse culture e tradizioni custodiscono i rispettivi valori in atteggiamento non di chiusura e contrapposizione, ma di dialogo e integrazione». Accorato il suo appello: «Non vogliamo più assistere a tragedie familiari in cui i bambini muoiono di freddo o tra le fiamme, o diventano oggetti in mano a persone depravate, i giovani e le donne sono coinvolti nel traffico di droga o di esseri umani. E questo perché spesso cadiamo nell’indifferenza e nell’incapacità di accettare costumi e modi di vita diversi dai nostri noi».

E ancora: «Vorrei che anche per il vostro popolo si desse inizio a una nuova storia, a una rinnovata storia. Che si volti pagina! È arrivato il tempo di sradicare pregiudizi secolari, preconcetti e reciproche diffidenze che spesso sono alla base della discriminazione, del razzismo e della xenofobia. Nessuno – chiarisce Francesco – si deve sentire isolato, e nessuno è autorizzato a calpestare la dignità e i diritti degli altri. È lo spirito della misericordia che ci chiama a batterci perché siano garantiti tutti questi valori. Permettiamo quindi che il Vangelo della misericordia scuota le nostre coscienze e apriamo i nostri cuori e le nostre mani ai più bisognosi e ai più emarginati, partendo da chi ci sta più vicino».

Il Papa sottolinea l’importanza dell’istruzione, «base per un sano sviluppo della persona», e nota come «lo scarso livello di scolarizzazione di molti dei vostri giovani rappresenta oggi il principale ostacolo per l’accesso al mondo del lavoro. I vostri figli hanno il diritto di andare a scuola, non impediteglielo! I vostri figli – ripete – hanno il diritto di andare a scuola!». Alle istituzioni civili, afferma il Pontefice, «è chiesto l’impegno di garantire adeguati percorsi formativi per i giovani gitani, dando la possibilità anche alle famiglie che vivono in condizioni più disagiate di beneficiare di un adeguato inserimento scolastico e lavorativo». La conclusione con le parole del beato Paolo VI: «Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa».

26 ottobre 2015