Il Papa ai giovani di Ac: «Contro il cancro del menefreghismo, il nostro motto è “mi interessa”»

L’udienza ai responsabili dei Giovani di Azione cattolica di tutta Italia. Il saluto del presidente Notarstefano: l’associazione «è stata storicamente ed è ancora oggi un’intuizione e una passione dei giovani, una esperienza dove impastare giorno per giorno la fede con la vita»

«Imparare attraverso l’esperienza che nella Chiesa siamo tutti fratelli, per il battesimo; che tutti siamo protagonisti e responsabili; che abbiamo doni diversi e tutti per il bene della comunità; che la vita è vocazione, seguire Gesù; che la fede è un dono da donare, da testimoniare». Sono i punti messi in evidenza da Papa Francesco nell’incontro con i responsabili dei Giovani di Azione cattolica di tutte le diocesi d’Italia, radunati a Roma dal 28 al 30 ottobre per l’Incontro nazionale “Segni del tempo”. «Una tre giorni di riflessione sulla vita e la proposta che l’associazione rivolge al nostro cammino di fede di giovani», spiegano i responsabili.

 Ancora, riflettendo su ciò che è «molto importante», il pontefice ha evidenziato che «il cristiano si interessa alla realtà sociale e dà il proprio contributo. Il nostro motto non è “me ne frego”, ma “mi interessa!” – sono le parole di Bergoglio -. La miseria umana non è un destino che tocca ad alcuni sfortunati, ma quasi sempre il frutto di ingiustizie da estirpare». E proseguendo a braccio, ha aggiunto: «È più pericolosa del cancro la malattia del menefreghismo nei giovani». Questa realtà di vita, ha osservato Francesco, «si imparano spesso in parrocchia e nell’Azione cattolica». E proprio sulla parrocchia si è soffermato, sottolineandone l’importanza ma anche i cambiamenti nel corso del tempo. «Quanti giovani si sono formati a questa scuola! Quanti hanno dato la loro testimonianza sia nella Chiesa sia nella società, nelle diverse vocazioni e soprattutto come fedeli laici, che hanno portato avanti da adulti e da anziani lo stile di vita maturato da giovani – ha ricordato -. Siamo di generazioni diverse, ma abbiamo in comune l’amore per la Chiesa e la passione per la parrocchia, che è la Chiesa in mezzo alle case, in mezzo al popolo».

Ai giovani di Ac il Papa ha detto il suo “grazie” per l’impegno a «far crescere la Chiesa nella fraternità. Su questo – ha detto – siamo perfettamente sintonizzati. Sì, ma come farlo? Prima di tutto, non spaventatevi se, come avete notato, nelle comunità vedete che è un po’ debole la dimensione comunitaria. È una cosa molto importante, ma non spaventatevi, perché si tratta di un dato sociale, che si è aggravato con la pandemia». E guardando ai cambiamenti di questo tempo, in cui «specialmente i giovani, sono estremamente diversi rispetto a 50 anni fa», ha rilevato che oggi «non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee. Per un verso, è una cosa buona, anche per voi – ha osservato il pontefice -: l’Azione cattolica non dev’essere una “Sessione” cattolica! La Chiesa non va avanti con le riunioni».

Nelle parole di Francesco anche la messa in guardia dall’individualismo, dalla «chiusura nel privato o in piccoli gruppetti», dalla «tendenza a relazionarsi “a distanza”». Tutti aspetti che «contagiano anche le comunità cristiane». Quindi, ancora l’esortazione a fare attenzione al «menefreghismo. Se ci verifichiamo – ha detto -, siamo tutti un po’ influenzati da questa cultura. Dunque bisogna reagire, e anche voi potete farlo incominciando con un lavoro su voi stessi». Si tratta infatti di «un cammino impegnativo» che «richiede costanza», perché «la fraternità non si improvvisa e non si costruisce solo con emozioni, slogan, eventi. È un lavoro che ciascuno fa su di sé insieme con il Signore, con lo Spirito Santo, che crea l’armonia tra le diversità». Da ultimo, due moniti: attenzione alle chiacchiere, che «creano divisione», e a «non avere facce da veglia funebre».

A rivolgere il saluto al pontefice a nome di tutti i presenti, all’inizio dell’incontro, il presidente nazionale di Azione cattolica Giuseppe Notarstefano, che ha messo l’accento sulle «tante “frette” che muovono questi giovani, tante urgenze e tante questioni che li interpellano e li coinvolgono in una ricerca che si fa tanto più appassionata quando è condivisa insieme ai loro coetanei ma anche ai più piccoli e ai più grandi nell’esperienza del dialogo intergenerazionale che quotidianamente si vive in Ac. I giovani di Azione cattolica – ha continuato – si sono dati appuntamento in questi giorni per leggere i Segni di questo tempo, per riconoscerlo come un tempo benedetto e donato dal Signore e per accogliere in pienezza la Buona Notizia che anche oggi Gesù ha per la vita di ciascuno di noi».

Il presidente si è soffermato quindi sugli «ambienti della vita di tutti i giorni in cui i giovani imparano a leggere i Segni dei tempi ma anche diventare loro stessi segno di un tempo nuovo, di un nuovo inizio»: la cura per la città e la buona politica a servizio dei più fragili, l’accoglienza dei migranti e la sfida della legalità, la cultura popolare e lo sport insieme alla scuola, all’università e al lavoro. «L’Azione cattolica italiana – ancora le parole di Notastefano – è stata storicamente ed è ancora oggi un’intuizione e una passione dei giovani, un’esperienza dove impastare giorno per giorno la fede con la vita, un luogo dove poter vivere in pienezza l’amicizia con il Signore che non di rado diventa un luminoso esempio per tutti». Immediato il riferimento ad Alberto Marvelli, Pina Suriano, Gino Pistoni, Armida Barelli e Piergiorgio Frassati e a una «folta schiera di santi e beati che ancora oggi sorreggono e sostengono il cammino dei giovani di Ac. Giovani che hanno saputo fare della propria vita un dono, un Segno per i loro tempi e per tutti i tempi – li ha definiti il presidente di Ac -. Giovani che hanno avuto una grande passione per la Chiesa e i suoi pastori, che hanno avuto sempre un legame forte con i loro predecessori».

31 ottobre 2022