Il Papa ai giovani della Gmg: «Predicate speranza»

In Polonia l’incontro che ha radunato ragazzi provenienti da oltre 180 Paesi del mondo. Il prossimo appuntamento a Panama nel 2019

In Polonia l’incontro che ha radunato ragazzi provenienti da oltre 180 Paesi del mondo. Il prossimo appuntamento a Panama nel 2019 

Un milione e 600mila ragazzi. Il Campus Misericordiae, tra terra e fango, pioggia e sole, ha radunato i giovani provenienti da oltre 180 Paesi, incontratisi in Polonia, per celebrare con Papa Francesco la Giornata mondiale della Gioventù di Cracovia. Il 31 luglio, su quelle zolle di terra, ad aspettare il Papa c’erano anche i ragazzi romani. Più di 1250 quelli iscritti attraverso il Servizio diocesano di pastorale giovanile, oltre a una consistente rappresentanza di universitari degli atenei romani guidati dal vescovo Lorenzo Leuzzi, direttore dell’Ufficio per la pastorale universitaria del Vicariato.

gmg_cracovia_3Francesco ha deciso sin dal primo incontro di trattare tutti loro “da adulti”. Il mondo è pronto a giudicarvi come creduloni, come quelli che hanno fiducia «in una nuova umanità, che non accetta l’odio tra i popoli, non vede i confini dei Paesi come delle barriere e custodisce le proprie tradizioni senza egoismi e risentimenti». Fateli fare, «non dovete scoraggiarvi, con il vostro sorriso e con le braccia aperte voi predicate speranza e siete una benedizione per l’unica famiglia umana».

Gli occhi del mondo sono puntati
su di voi, ha sottolineato il Papa già durante la cerimonia di accoglienza al Parco Blonia. Quegli occhi vogliono «imparare da voi», contemplando il «volto giovane» della misericordia. Un volto che non si compiace di se stesso attraverso lo schermo di un telefonino, un volto fatto solo di apparenza. «Dio conta su di voi per quello che siete e non per quello he avete», non conta il cellulare alla moda o l’abito firmato. «Dio fa sempre il tifo per noi» nonostante tutto. Francesco ha usato la figura di Zaccheo, la sua «bassa statura», per dire ai ragazzi che «non accettarsi, vivere scontenti e pensare in negativo è come girarsi dall’altra parte mentre Dio vuole posare il suo sguardo su di me».

E se Dio fa il tifo per noi,
allora il Papa ha invitato a mettere da parte qualsiasi tipo di «vergogna paralizzante»; non avrebbe senso. Dietro allo slancio si questo tifo bisogna invece armarsi di «curiosità», quella «buona», che fa anche affrontare «il rischio di una tremenda figuraccia». Mai restare fermi, il Papa lo ha detto più volte in Polonia. Ci si impantana altrimenti, «nelle sabbie mobili del peccato e della scontentezza». Bisogna rischiare per raggiungere la gioia, mettersi in gioco, coinvolgersi completamente e convintamente; a Gesù non si risponde con gli «sms».

gmg_cracovia_1 E in stile digitale il Papa ha continuato a dare dei consigli ai ragazzi di tutto il mondo: «Installate la connessione più stabile, quella di un cuore che vede e trasmette il bene senza stancarsi» e senza perdersi, grazie a quel Gps infallibile che è il Vangelo, il «navigatore» da tenere sempre con sé. È il mondo, la vita quotidiana che entra nella grande celebrazione della Gmg, ma è anche il contrario; la Gmg visita il dolore del mondo. La testimonianza di Rand, da Aleppo, il giorno precedente ha testimoniato questa compenetrazione.

La Siria è arrivata in Polonia, «per noi, oggi e qui, il dolore, la guerra che vivono tanti giovani, non sono una cosa anonima, non sono più una notizia della stampa, hanno un nome, un volto, una storia, una vicinanza». Il Papa non edulcora, non nasconde alcuna difficoltà. Anzi le comprende, si fa prossimo ai giovani, cerca di immedesimarsi nel loro senso di paura. Come quando è andato nella chiesa di San Francesco per leggere una preghiera contro il terrorismo. Attenzione però, ha ammonito, la paura porta alla «chiusura e alla paralisi, uno dei mali peggiori della vita».

gmg_cracovia_2«Non siamo venuti al mondo per vegetare – ha spiegato il Papa – ma per lasciare un’impronta», no quindi alla «felicità da divano», ai «giovani divano», sì ai «giovani con le scarpe, titolari in campo e nella vita». Tra questi giovani protagonisti, Francesco ha ricordato Maciek, il volontario polacco che non è riuscito a essere a Cracovia perché è morto di tumore poco prima. Il Papa ha parlato di lui quando si è affacciato per la prima volta al numero tre di via Franciskanka.

Francesco ha ricordato un’altra ragazza della Gmg di Polonia. Lo ha fatto al suo ritorno in Vaticano, il 3 agosto. Si tratta di Susanna, morta di meningite a Vienna, durante il viaggio che l’avrebbe riportata a Roma: «Il Signore che certamente la ha accolta in cielo, conforti i suoi familiari e i suoi amici», ha detto Francesco. «Solo la fede ci permette di considerare una cosa sola la Gmg e il dolore di questa morte così terribile – ha commentato il direttore diocesano della Pastorale giovanile, don Antonio Magnotta -. Con quella stessa fede di cui ci siamo nutriti in questi giorni vogliamo guardare la morte di una di noi. Con quella stessa fede gridata con tenacia e forza al Campus Misericordiae insieme a Susanna, vogliamo esprimere il calore della Pastorale Giovanile di Roma e la fraterna vicinanza alla sua famiglia, ai sacerdoti e alla comunità di San Policarpo».

Sempre dalla finestra dalla quale si sono affacciati anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quella dell’arcivescovado di Cracovia, Francesco ha ribadito le tre parole d’oro per la famiglia «permesso, grazie, scusa» e ha ricordato la giornata della memoria e del silenzio dedicata alla visita dei due campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau.

gmg_cracovia_5 Mentre parla tornano alla mente le immagini del 29 luglio. Francesco è il terzo Papa a varcare i cancelli del campo di concentramento nazista, il primo a scegliere il silenzio per comunicare e raccogliere tutta la sofferenza che attraversa quel luogo di morte. Si è seduto, da solo, Francesco. Su una sedia nera, semplice, di legno. E ha meditato. Si è inginocchiato, Francesco, nella piccola cella di padre Massimiliano Kolbe. Non una parola, solo la preghiera.

L’invito ad «aprire le porte» è arrivato invece dal Santuario dedicato a Wojtyla, a Lagiewnicki. Non poteva che arrivare da lì. «San Giovanni Paolo ci guarda dal cielo», custodisce la Polonia, da lui stesso consegnata nelle mani della Madonna Nera di Jasna Gora. A Lei Francesco ha chiesto la «fantasia nel servire chi è nel bisogno, la bellezza di spendere la vita per gli altri, senza preferenze e distinzioni». Lo ha raccomandato anche ai nostri ragazzi durante la Festa degli italiani: «fate ponti umani», ribadendolo poi a tutti nella Messa finale: «Fate un ponte primordiale e datevi la mano. È il grande ponte fraterno, e possano farlo i grandi di questo mondo». Un ponte che percorrerà lo spazio e il tempo: 10mila chilometri e tre anni; Panama, nel 2019, ospiterà la XXXII Giornata mondiale della Gioventù.

5 settembre 2016