Il Papa ai diaconi permanenti: «Né mezzi preti né chierichetti di lusso ma servi premurosi»

Il 19 giugno l’incontro di Francesco con la comunità del diaconato, con il cardinale De Donatis e l’arcivescovo Palmieri. Tre linee guida: umiltà, letizia, generosità

(foto: Vatican Media)

Ai 137 diaconi permanenti della “sua” diocesi di Roma e ai 42 in formazione, Papa Francesco chiede di essere umili, mariti, padri e nonni esemplari, sentinelle in grado di educare le comunità cristiane a riconoscere Cristo nei poveri e nei lontani. Il ministero che hanno abbracciato non li rende «“mezzi preti”, né preti di seconda categoria o “chierichetti di lusso”» ma servi premurosi sempre disponibili, gentili, che non si fanno risucchiare dagli impegni quotidiani ma «aperti a tutti, soprattutto a chi è rimasto fuori, a chi si sente escluso». Linee guida che devono seguire «la logica dell’abbassamento» fornite da Bergoglio sabato 19 giugno nell’incontro con i diaconi permanenti e le loro famiglie. Accompagnato dal cardinale vicario Angelo De Donatis, Francesco, al suo ingresso nell’Aula della Benedizione del Palazzo Apostolico, ha accarezzato e benedetto i bambini, stretto mani e scambiato qualche parola con i presenti. Si è trattato del primo incontro tra Francesco e i diaconi che segue un’altra prima volta: quella della consegna del mandato pastorale da parte del vicario il 17 aprile scorso.

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Il legame tra il Papa e i diaconi della sua diocesi «è profondo ed è il fondamento sacramentale del loro ministero», ha affermato il cardinale De Donatis introducendo l’udienza alla quale ha partecipato anche il vicegerente della diocesi, l’arcivescovo Gianpiero Palmieri in qualità di delegato per il diaconato permanente. Il porporato ha ricordato che questo ministero nella Chiesa di Roma fu reintrodotto il 1° novembre 1982 dall’allora cardinale vicario Ugo Poletti, sollecitato da ragioni di ordine ecclesiologico e pastorale. «Nella struttura della Chiesa non poteva mancare il diacono, segno sacramentale e quindi rappresentante animatore della vocazione al servizio di Cristo e della Chiesa sua Sposa», ha detto De Donatis. In una Capitale in espansione era inoltre necessario che «l’evangelizzazione e la carità raggiungessero tutti, soprattutto i più lontani e i più poveri».

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A guidare l’organismo pastorale diocesano per la promozione della carità da settembre ci sarà proprio un diacono, Giustino Trincia, che subentrerà all’attuale direttore della Caritas monsignor Benoni Ambarus. «Con te crescerà perché hai il doppio di statura di don Ben», ha detto scherzosamente Bergoglio. Sempre con tono scherzoso si è rivolto ad Andrea Sartori, primo diacono al quale la diocesi, riprendendo un’antica consuetudine, tre anni fa ha affidato una chiesa, quella di San Stanislao a Cinecittà. «Mi auguro che non finirai come San Lorenzo, ma vai avanti» ha detto il Papa. Quella di dar vita a diaconie è per Francesco una scelta percorribile per andare incontro a tutti, specie agli ultimi. Consacrati al ministero della liturgia, della predicazione e soprattutto della carità e della parola, oggi, a causa del calo delle vocazioni sacerdotali, i diaconi svolgono «compiti di supplenza che, per quanto importanti, non costituiscono lo specifico del diaconato», ha rimarcato Bergoglio, spiegando che, attingendo «anche alle radici della Chiesa di Roma, si è cercato di recuperare questa antica tradizione con la diaconia nella chiesa di San Stanislao».

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Il servizio al prossimo, intrinseco del diacono – dal greco diakonos, servitore -, «aiuta a superare la piaga del clericalismo che pone una casta di sacerdoti “sopra” al Popolo di Dio», ha detto il Papa, ricordando che il vero potere «sta nel servizio» in quanto «per i discepoli di Gesù amare è servire e servire è regnare». A Roma oltre la metà dei 137 diaconi permanenti – tra cui solo 3 celibi – sono impegnati nel servizio ai poveri, soprattutto nelle Caritas parrocchiali, e 21 su 36 referenti Caritas di prefettura sono diaconi. Se manca questa vocazione alla prossimità «ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto e poco a poco si mondanizza», ha avvertito Francesco. L’umiltà, la letizia, la generosità di un diacono «che si spende senza cercare le prime file profumano di Vangelo».

Dai diaconi romani, la cui età media è di 65 anni ma con la futura consacrazione dei 42 aspiranti è destinata ad abbassarsi, il Papa si aspetta tre «dimensioni da coltivare». Innanzitutto che siano umili, perché se «è triste vedere un vescovo e un prete che si pavoneggiano, lo è ancora di più vedere un diacono che vuole mettersi al centro del mondo o al centro della liturgia o al centro della Chiesa», ha detto invitandoli a lasciare segreto il bene elargito. Poi che siano gioiosi sempre, in famiglia «anche con la suocera», evitando qualsiasi lamentela, e questa sarà «una testimonianza che vale più di tante prediche». Infine che siano sentinelle capaci di riconoscere «il Signore quando, in tanti suoi fratelli più piccoli, chiede di essere nutrito, accolto e amato».

21 giugno 2021