Il Papa ai consacrati: «Non perdere il senso dell’umorismo»

Al termine delle celebrazione del 2 febbraio, il saluto del cardinale Braz de Aviz e il suggerimento rivolti a braccio ai religiosi: «Fuggite il chiacchiericcio»

«Siamo pochi: questo Covid ci mette all’angolo, ma portiamo questo con pazienza. Ci vuole pazienza. E andare avanti, offrendo al Signore la nostra vita». Ieri sera, 2 febbraio, al termine della celebrazione nella festa della Presentazione di Gesù al tempio, Giornata della vita consacrata, Papa Francesco è intervenuto fuori programma, rivolgendo a braccio alcune parole ai religiosi presenti nella basilica di San Pietro. A cominciare da un aneddoto: una giovane religiosa «che era appena entrata in noviziato era felice. Trovò una religiosa anziana, buona, santa: “Come stai?”. “Questo è il paradiso, madre!”, dice la giovane. “Aspetta un po’: c’è il purgatorio”. La vita consacrata, la vita di comunità: c’è un purgatorio ma ci vuole pazienza per portarlo avanti».

Dal pontefice anche due suggerimenti. Il primo: «Fuggire dal chiacchiericcio. Quello che uccide la vita comunitaria è il chiacchiericcio. Non sparlare degli altri. “Non è facile, Padre, perché alle volte ti viene dal cuore!”. Sì, ti viene dal cuore: ti viene dall’invidia, viene da tanti peccati capitali che abbiamo dentro. Fuggire. “Ma, mi dica Padre, non ci sarà qualche medicina? La preghiera, la bontà…?”. Sì, c’è una medicina, che è molto “casalinga”: morditi la lingua”. Poi l’umorismo: “Nella vita in comunità ci sono tante cose che non vanno bene, sempre”. Non perdere il senso dell’umorismo, per favore: questo ci aiuta tanto. È l’anti-chiacchiericcio: saper ridere di sé stessi, delle situazioni, anche degli altri – con buon cuore – ma non perdere il senso dell’umorismo. E fuggire dal chiacchiericcio. Questo che io vi raccomando non è un consiglio troppo clericale, diciamo così, ma è umano: è umano per portare avanti la pazienza».

Da ultimo, il Papa ha ringraziato «per quello che fate, grazie per la testimonianza. Grazie, grazie tante per le vostre difficoltà, per come le portate avanti e per il tanto dolore davanti alle vocazioni che non vengono». E del «dolore» delle comunità religiose aveva parlato anche il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, salutando il Papa al termine della Messa. «Il distanziamento fisico che la pandemia ci ha imposto non può separarci – le parole del porporato -. Seguiamo da mesi le notizie che giungono dalle comunità delle diverse nazioni. Esse parlano di smarrimento, di contagi, di morti, di difficoltà umane ed economiche, di paure, di Istituti che diminuiscono di numero… Ma parlano anche di fedeltà provata dalla sofferenza, di coraggio, di testimonianza serena pur nel dolore e nell’incertezza, di condivisione di ogni affanno e di ogni ferita, di cura e vicinanza agli ultimi, di carità e di servizio a costo della vita».

Nell’analisi del cardinale, «stiamo imparando a passare dall’io al noi», ha detto citando il Santo Padre. «Vogliamo continuare ad essere con Gesù i samaritani di questi giorni, superando la tentazione di ripiegarsi e piangere su di sé o di chiudere gli occhi dinanzi al dolore, alle sofferenze, alle povertà di tanti uomini e donne, di tanti popoli. Per questo – ha concluso – abbiamo invitato tutte le consacrate e i consacrati negli Istituti religiosi, monastici, contemplativi, negli Istituti secolari, nei nuovi Istituti, membri dell’Ordo virginum, eremiti, membri delle Società di vita apostolica, a prendere in mano l’enciclica Fratelli Tutti».

3 febbraio 2021