Il nuovo Sorrentino, lavoro da Oscar

In “È stata la mano di Dio”, presentato alla Mostra di Venezia, il tema del viaggio felliniano si intreccia con l’opera e la biografia del regista. In un caleidoscopio di sentimenti ed emozioni

Il 2 settembre alla Mostra di Venezia passa È stata la mano di Dio, diretto da Paolo Sorrentino. L’autore intende «far parlare la vita di quegli anni della gioventù, come li ricordo io, come li ho vissuti, sentiti». È una verifica intorno alla quale il regista fa ruotare se stesso, la propria famiglia, il proprio mondo un po’ onirico un po’ inventato per dare sostanza e corpo a un ruolo, quello di regista, che all’inizio non era nelle intenzioni del protagonista.

Il titolo fa riferimento alla prodezza calcistica di Diego Armando Maradona, e al gol segnato in una memorabile partita contro l’Inghilterra. Maradona però entra nella vicenda solo come grande ispiratore della vitalità dei secondi anni ’80 a Napoli. È lui alla base di quella euforia che cresce e si spande per la città partenopea fino a creare le premesse dello stordimento, punto di partenza della tragedia che segnerà il destino del giovane protagonista. Che è Fabio, detto Fabietto, un adolescente colto nel momento di passaggio tra adolescenza e vita adulta. Vive in una famiglia media napoletana dove c’è amore, ci sono contrasti, allegria: il tutto destinato ad essere segnato dall’evento familiare che risulterà determinante per il futuro del ragazzo. Fabio infatti decide di lasciare Napoli e di andare a Roma per provare a “fare il cinema”.

Proprio il tema del viaggio felliniano si intreccia con l’opera e la biografia di Sorrentino. Fellini ha infatti raccontato più volte la sua venuta a Roma, conservando però la memoria delle sue radici. Così fa Sorrentino: la storia di Fabietto è la sua, di ragazzo che si aggrappa al cinema per sopravvivere, scegliendo Roma ma sempre avendo Napoli nel cuore. Nello spiegare questo passaggio, il regista mette in atto uno stile di forte potenza incisiva, visualizza una metamorfosi che deve unificare tante suggestioni e tanti passaggi tra loro molto diversi. Nel crescere dei ricordi, nell’affastellarsi di luoghi e persone, Sorrentino rivede tutta la propria vita: per dare un senso a questi mutamenti, per motivare scelte e cambiamenti, il regista non esita a proporre una nuova visionarietà, un caleidoscopio di sentimenti ed emozioni, che offrono la sensazione di come il suo sia un cinema che ha ancora voglia di crescere, di cambiare, di non fermarsi sulle conquiste del passato.

È stata la mano di Dio diventa quindi un film di grande intensità, sfaccettato, denso di risvolti drammatici, di tensioni difficili da controllare. Un film che segna, si potrebbe dire, un’ulteriore crescita del regista napoletano, con risultati forse superiori per qualità e scelte linguistiche a La Grande bellezza, Premio Oscar 2013. E proprio questo titolo di oggi è designato a rappresentare l’Italia agli Oscar 2022 come miglior film internazionale. Il film sarà in sala dal 24 novembre e poi su Netflix a partire dal 15 dicembre.

15 novembre 2021