Il Natale dei volontari Caritas

La Messa presieduta dal vicedirettore don Salvini nella sede della mensa “Giovanni Paolo II”, a Colle Oppio. Il responsabile Carlo Virtù: «Il primo obiettivo è accogliere e sfamare, ma poi indirizziamo nei centri di ascolto diocesani. Tra gli ospiti, tanti gli italiani

Sono tante e piene di scritte colorate le magliette appese all’interno della mensa della Caritas diocesana “Giovanni Paolo II” aperta dal 1983 a Colle Oppio, tra il Colosseo e la Stazione Termini. Qui ogni giorno più di 450 persone ricevono assistenza alimentare e umanitaria durante il pranzo. Hanno fatto da sfondo, ieri, 21 dicembre, alla Messa di Natale per gli operatori e i volontari, presieduta da don Paolo Salvini, il vicedirettore della Caritas di Roma. «È importante essere tutti qui oggi perché in Gesù ritroviamo e risvegliamo tutte le nostre motivazioni – ha sottolineato il sacerdote -. Da soli tendiamo a spegnerci. L’amore di Dio, invece, scalda i nostri cuori e ci consente di amare sempre di più a nostra volta. Se noi, da discepoli del Signore, portiamo nel nostro grembo la presenza di Cristo, le persone che vengono qui a mangiare potranno scoprire la sua misteriosa presenza, anche senza riuscire a metterla a fuoco come ha fatto Elisabetta con la Vergine Maria», sono ancora le sue parole.

La più semplice delle magliette, una t-shirt bianca arricchita dai segni di un pennarello blu e posizionata proprio di fronte all’altare della celebrazione, recita questa frase: “Non c’è amore senza condivisione”. Claudia, Matteo, Chiara e Francesco sono alcuni degli studenti del liceo scientifico “E. Pascal” di Pompei che l’hanno firmata nell’estate del 2015. Ma come loro ce ne sono tanti, basta girarsi e alzare lo sguardo. Tanti ragazzi provenienti dalle scuole, dalle parrocchie e dai gruppi scout che hanno fatto esperienza di volontariato e hanno lasciato un loro segno, oltre a quello nel cuore degli utenti, come spiega Carlo Virtù, l’attuale responsabile della mensa, aperta tutti i giorni dell’anno dalle 11 alle 13.30 e sostenuta economicamente dal Comune e dalla diocesi di Roma. «Quasi ogni giorno viene ad aiutarci una classe scolastica diversa. Mi ricordo con commozione di una studentessa che una volta entrata si ricordò di esserci già stata da piccola con la madre», racconta.

Da utente a volontaria: è la storia di questa ragazza, ma anche quella di molti altri che decidono di rimanere a dare una mano dopo esser stati aiutati a ritrovare la strada della propria vita. «Attualmente la nostra squadra è composta da tre operatori e da una decina di volontari fissi – sottolinea il responsabile -. Il primo obiettivo della mensa è accogliere umanamente e sfamare coloro che hanno bisogno di cibo, ma poi indirizziamo gli utenti nei centri di ascolto diocesani affinché trovino la strada per raggiungere la propria autonomia. Inoltre, dopo il Covid abbiamo iniziato anche ad assumere la dimensione del segretariato sociale, aiutando le persone senza cellulare e internet a districarsi nella burocrazia di tutti i giorni», aggiunge.

Nella mensa le storie di vita sono varie e si intrecciano inevitabilmente l’una con l’altra, arrivando a creare quasi un unico grande romanzo. «Abbiamo molte persone che provengono dal Medio Oriente, in particolare dal Kurdistan. Tanti arrivano anche dal Sudan e dall’America Latina, terra dove sono presenti forti problemi economici. Il Perù è il Paese tra i più colpiti. Ci sono poi anche italiani, persone messe ai margini della società con patologie psichiatriche e anziani con la pensione bassa, aumentati negli ultimi anni. Tra tutti questi c’è chi arriva e nel giro di qualche settimana se ne va, c’è chi, invece, è da quarant’anni che lotta con l’alcolismo», racconta ancora Virtù, mentre nella mensa i volontari si danno da fare per allestire il buffet dopo la celebrazione.

Tra di loro c’è Augusto, presenza fissa dal 1992, anno della visita di San Giovanni Paolo II, come ricordano le sue parole poste su una targa all’ingresso: «L’uomo che soffre ci appartiene». La vocazione di Augusto per il volontariato è nata durante una celebrazione eucaristica e non si è mai spenta. Ha trascinato molti suoi colleghi di lavoro, che ormai da trent’anni offrono il loro servizio nella mensa tutti i martedì. «Con gli utenti si è creato un vero rapporto di amicizia», racconta il volontario. Perché iniziare a venire ad aiutare nella mensa? «Per conoscere una realtà nascosta, quella di una povertà che non è visibile a occhio nudo. Quella di persone che sembrano a prima vista professionisti, con un cellulare e una ventiquattrore in mano, ma che in realtà hanno perso tutto», sottolinea con gli occhi lucidi.

Non ci sono solo tante magliette appese all’interno della mensa di Colle Oppio, c’è anche tanto desiderio di carità.

22 dicembre 2023